La difesa di Generali: “Con Natixis non portiamo valore fuori dall’Italia”

Da Trieste un comunicato esplicativo della joint venture: “Gli investimenti in titoli di Stato non subiranno alterazioni, anzi aumenterà il contributo fiscale della compagnia”. Prevista la creazione di valore per un miliardo. Se l’accordo non sarà finalizzato, penale da 50 milioni

La difesa di Generali: “Con Natixis non portiamo valore fuori dall’Italia”

Assicurazioni Generali ha voluto fornire al mercato ulteriori dettagli sulla joint venture nell’asset management con Natixis. L’operazione, ufficializzata due settimane fa, porterà alla creazione di un colosso con 1.900 miliardi di euro di masse gestite, collocandosi al nono posto mondiale e come leader in Europa, con ricavi pari a 4,1 miliardi di euro. Ma la potenziale preponderanza francese nell’alleanza suscita non pochi dubbi sull’accordo. Timori che la compagnia guidata da Philippe Donnet ha cercato di dissipare, giocando d’anticipo anche rispetto a un eventuale intervento delle Authority.

Il ruolo dell'Italia e la tutela degli investitori

Uno degli aspetti chiave dell'accordo è la salvaguardia della gestione del risparmio italiano. "La nascita della joint venture non avrebbe alcuna ripercussione sulla continuità delle politiche di gestione del risparmio affidato dagli italiani alle compagnie del Gruppo", rassicura Generali, sottolineando che il controllo e l'allocazione degli asset resteranno nelle mani della compagnia assicurativa italiana. Questo significa che gli investimenti in titoli di Stato italiani e altre asset class strategiche non subiranno alterazioni a seguito dell’operazione.

Sul fronte fiscale, l’accordo non determinerà un trasferimento di valore fuori dall’Italia, né una riduzione delle imposte pagate nel Paese. Anzi, si prevede un possibile incremento del contributo fiscale di Generali in Italia, anche a causa della creazione di un ulteriore livello societario soggetto a tassazione.

Il valore economico della joint venture

L'operazione prevede un investimento di 15 miliardi di euro in cinque anni sotto forma di seed money, risorse destinate ad avviare nuove strategie di investimento nel settore degli asset alternativi, in particolare nei private markets. Questo impegno, sebbene significativo, rappresenta una quota minoritaria rispetto alle masse complessivamente gestite da Generali e ai flussi di reinvestimenti annui.

Secondo le stime, la joint venture genererà oltre un miliardo di euro di valore per Generali, con sinergie annue attese di circa 210 milioni di euro prima delle imposte, grazie a efficienze operative e opportunità di cross-selling. Una volta che le sinergie saranno completamente a regime, si prevede un impatto positivo sull’utile netto rettificato superiore ai 125 milioni di euro annui a partire dal 2030.

L’operazione annunciata il 21 gennaio si tradurrebbe in un impatto nei primi due anni, includendo gli oneri di integrazione, fra 25 milioni e 50 milioni, prima dell’effetto del dividendo preferenziale previsto solo per i primi due anni e per un ammontare complessivo pari a 250 milioni. Dopo la fine dell’effetto del dividendo preferenziale, quindi a partire dal 2028, l’impatto sull’utile netto rettificato è atteso essere superiore a 50 milioni, anche tenendo conto degli oneri di integrazione.

Clausole di tutela e governance

A ulteriore garanzia della solidità dell’intesa, Generali e Natixis hanno stabilito una "break-up fee" di 50 milioni di euro, che scatterà in caso di mancata finalizzazione dell’operazione per cause riconducibili a una delle parti. Il consiglio di amministrazione della nuova entità sarà composto da un numero paritario di consiglieri designati da ciascun partner, con l’aggiunta di tre membri indipendenti.

La nuova entità verrebbe costituita ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, come soluzione neutrale tra i due soci. Italia, Francia e Stati Uniti rimarranno gli hub operativi della nuova società, dai quali si continueranno a gestire direttamente le attività di business.

Un punto fondamentale riguarda la durata dell’accordo, che sarà di 15 anni, garantendo stabilità alla partnership e continuità nelle strategie di gestione del risparmio.

Un'alleanza strategica

La nuova entità, ricorda il comunicato all’inizio, sarà controllata pariteticamente da Generali e Natixis Investment Managers, con ciascuna delle due realtà che deterrà il 50% delle quote. "La società risultante dall’aggregazione sarebbe controllata in modo condiviso dalle due istituzioni finanziarie – ciascuna con una quota del 50% – operando con una struttura di governance congiunta e secondo criteri paritetici di rappresentanza e controllo", si legge nel comunicato stampa ufficiale. La sede della joint venture sarà ad Amsterdam, una scelta che punta a garantire neutralità tra le parti.

Generali apporterà alla nuova realtà oltre 600 miliardi di euro in asset, mentre Natixis contribuirà con 1.300 miliardi. L’obiettivo dell’operazione è consolidare la posizione della società come leader nel mercato europeo, con una forte espansione anche negli Stati Uniti e un potenziale di crescita in Asia.

Il contesto finanziario e il ruolo della Consob

L’annuncio della joint venture tra Generali e Natixis si inserisce in un momento di grande fermento nel settore finanziario italiano, con Unicredit, Mediobanca, Mps e Banco Bpm al centro di operazioni di M&A che potrebbero ridisegnare gli equilibri complessivi.

Ecco perché, come ha rilevato oggi il Giornale, la Consob ha intensificato la sua attività di vigilanza, chiedendo dettagli più approfonditi sulle partite in corso. La necessità di maggiore trasparenza è fondamentale in una fase così complessa e Generali, chiarendo la “logica strategica” della joint venture, ha in un certo senso risposto all’appello.

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