![Marco Natali, presidente di Confprofessioni](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2024/12/09/1733763476-marco-natali-presidente-confprofessioni.jpeg?_=1733763476)
In un contesto in cui il futuro della medicina territoriale è al centro del dibattito, Marco Natali, numero uno di Confprofessioni, esprime forte preoccupazione riguardo alle proposte legislative che mirano a modificare il ruolo giuridico dei medici di medicina generale, allineandosi alla posizione della Fimmg (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale).
Secondo Natali, tali interventi non solo non risolverebbero le problematiche del sistema sanitario territoriale, ma rischierebbero di compromettere seriamente l'assistenza medica di prossimità, oggi garantita dai medici di famiglia.
L'attuale assetto, con circa 60mila studi diffusi capillarmente, anche nelle aree più remote del Paese, rappresenta un modello fondamentale per garantire cure tempestive e accessibili. La proposta di concentrare i medici in 1.350 Case della Comunità, situate prevalentemente nei centri più grandi, rischierebbe - spiega Natali - di desertificare il «territorio sanitario», penalizzando milioni di cittadini, in particolare anziani e persone con difficoltà di mobilità.
Sul piano economico, il presidente di Confprofessioni sottolinea l'importanza del contributo dei medici di medicina generale come liberi professionisti convenzionati. Questo settore genera infatti un volume d'affari di circa 7 miliardi di euro, che arriva a 16 miliardi considerando l'indotto e le ore di lavoro, come rilevato dal Centro Studi Cgia di Mestre. La chiusura degli studi privati comporterebbe non solo la perdita di questo valore economico, ma anche il licenziamento di almeno 30mila collaboratori amministrativi e di 10mila infermieri, con gravi ricadute occupazionali e sociali.
Natali evidenzia poi un ulteriore rischio: il passaggio alla dipendenza potrebbe spingere migliaia di medici verso il pensionamento anticipato, oltre a scoraggiare i giovani che attualmente stanno completando la loro formazione con l'obiettivo di operare come medici convenzionati. Questo scenario potrebbe determinare un vero e proprio collasso dell'assistenza sanitaria territoriale.
Dal punto di vista dei pazienti, l'abolizione del modello fiduciario tra medico e assistito porterebbe a una gestione più burocratica della medicina generale. Si prospetterebbero tempi di attesa più lunghi e una continuità assistenziale affidata a medici sconosciuti, coordinati da call center. La relazione diretta e personalizzata tra medico e paziente verrebbe sostituita da un sistema rigido e impersonale.
Non serve trasformare i medici in dipendenti - rimarca ancora Natali - ma piuttosto rinnovare e perfezionare l'Acn per migliorare l'integrazione tra gli studi medici e le nuove
strutture sanitarie territoriali. Valorizzare l'autonomia dei medici di famiglia - conclude Natali - è fondamentale per garantire ai cittadini un sistema sanitario territoriale efficiente, vicino e fondato sulla fiducia.
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