La grande truffa

Da Armani a Moratti. Ecco i big colpiti dal finto Crosetto. La caccia ai soldi finiti sui conti esteri

La grande truffa

È successo tutto in una manciata di giorni. E lo stesso Guido Crosetto, quello vero, ricostruisce in modo concitato l'incredibile successione degli eventi: «Ho ricevuto la chiamata di un amico, grande imprenditore, che mi chiede perché la mia segreteria avesse chiamato la sua, per avere il suo cellulare. Gli dico che era assurdo, avendo già io il suo numero e che era impossibile. Verifico per sicurezza - aggiunge il ministro - e mi confermano che nessuno lo ha cercato. Archivio la cosa». Ma dopo un'ora si ricomincia con un altro vip, e poi con un terzo. Tutti agganciati da un fantomatico staff del ministro e tutti alle prese con una richiesta apparentemente ineccepibile, e però insieme assurda, cui non è facile dire di no, almeno in prima battuta: contribuire con cifre alte, altissime alla liberazione di alcuni giornalisti italiani rapiti nel mondo.

Uno schema semplice e ardito che è stato provato con il gotha del nostro sistema industriale e finanziario. Sembra impossibile, i nomi nel mirino degli ancora ignoti truffatori lasciano a bocca aperta: Massimo Moratti, Diego Della Valle, Marco Tronchetti Provera, Giorgio Armani, Patrizio Bertelli, marito di Miuccia Prada, le famiglie Del Vecchio e Beretta, in particolare Pietro Gussalli Beretta, «schermato» per fortuna dalla sua segretaria, gli Aleotti del colosso farmaceutico Menarini, i Caltagirone. Si fa quasi prima a dire chi non c'è nella lista.

Pare di stare a Cernobbio o a un convegno di Confindustria, invece queste sono le nuove vie dei raggiri due o forse tre punto zero. Inutile scomodare l'intelligenza artificiale, ma certo ingegnosità e tecnologia qui vanno a braccetto. Qualche telefonata, non è ancora chiaro quante, e stata fatta direttamente da un finto Crosetto. O comunque da una voce quasi uguale alla sua, creata utilizzando un software informatico.

Tutto verosimile, tutto campato per aria, e si resta interdetti davanti all'abilità e alla sfrontatezza dei malfattori. I criminali pensavano in grande e avevano calcolato tutto. O quasi. Anzitutto l'innesco della storia, perché tutti gli italiani hanno vissuto e partecipato emotivamente al dramma di Cecilia Sala, la reporter sequestrata in Iran e liberata dopo il viaggio lampo della premier in Florida, nel resort di Trump.

Dunque, l'idea di fare leva sulla solidarietà nei confronti degli operatori dell'informazione, nelle mani di ipotetici sequestratori nelle segrete del Medio Oriente, pareva fondata. Come il valzer di chiamate che venivano gestite da presunti collaboratori, un non meglio precisato generale, più volte in scena, infine un funzionario con tanto di cognome, Montalbano, perfetto come uno stereotipo. Era lui a pilotare le richieste, ricevendo la cornetta dall'interlocutore precedente.

A tutti veniva chiesto di pagare su un conto di Hong Kong, adducendo probabilmente non specificate esigenze di sicurezza, e a quel punto i big venivano rassicurati che successivamente la Banca d'Italia li avrebbe rimborsati.

Siano al cuore della questione. Chi ha abboccato? Per ora si sa che molti non hanno versato un euro, perché si sono fermati dopo aver controllato o perché non c'è stato il tempo di bonificare un centesimo, ma qualcuno è caduto nel precipizio del raggiro. Di sicuro almeno un imprenditore ha versato una cifra sbalorditiva, intorno al milione di euro,

Già dopo il secondo alert, Crosetto chiama i carabinieri e denuncia i fatti. Ma intanto la banda va avanti e ci prova ancora, giocando sul fattore sorpresa e sul fatto che il caso non è ancora esploso in tutto il suo fragile mediatico. In realtà, già mercoledi, Crosetto riempie i social di avvisi, documentando quel che sta capitando in tempo reale, ma la catena non si ferma: mercoledì ecco il terzo episodio e poi il quarto e il quinto, senza soluzione di continuità. Un industriale viene raggiunto da un «sedicente funzionario del Ministero della difesa - chiarisce Crosetto - e poi due grandi imprenditori vengono contattati a nome mio».

Certo, insieme ad accorgimenti futuribili alcuni dettagli fanno sorridere e, insomma, il canovaccio pare un mix di nuovo e vecchio, con trovate diaboliche e cadute vertiginose. Però il plot reggeva e almeno in un caso i truffatori hanno fatto strike.

Ora è la procura di Milano, guidata da Marcello Viola, a dover esplorare le dimensioni e i confini di questo crimine inimmaginabile. Nelle ultime ore sono arrivate ai pm almeno tre denunce, ma l'elenco delle vittime o comunque degli imprenditori avvicinati si allunga come un elastico e potrebbe riservare altre sorprese. «Questi sono bravi, nel senso che sembrava tutto assolutamente vero - afferma Massimo Moratti, conversando con Repubblica - . Comunque può pure capitare, poi certo uno non se l'aspetta una roba di questi genere. Ma succede a tutti, preferirei non raccontare altro, vediamo come va avanti l'inchiesta». Indagine che è affidata al pm Giovanni Tarzia. Procura e carabinieri stanno fra l'altro cercando di salvare le somme erogate, congelandole prima del trasferimento a Hong Kong.

E il conto a Hong Kong è francamente il particolare più inverosimile.

Adesso qualcuno tirerà fuori il Papa col piumino bianco e altre invenzioni che sembrano un prolungamento della realtà. Qua era tutta una bugia, ma i soldi, quelli erano veri.

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