In Italia non esiste soltanto il caporalato

Cosa accade a Rosarno, dove nel 2010 ci fu la "rivolta delle arance"

In Italia non esiste soltanto il caporalato
00:00 00:00

Negli ultimi giorni, per impegni di lavoro, sono transitata nella zona di Reggio Calabria, esattamente vicino Rosarno e dentro Rosarno stessa, quella Rosarno che nel gennaio 2010 finì sui media di mezzo mondo per via della tristemente famosa «rivolta delle arance», portata avanti dai lavoratori extracomunitari che vivevano indegnamente sul posto. Sfruttata dai caporali, costretta a raccogliere agrumi a meno di venti euro al giorno, obbligata a risiedere nel migliore dei casi in baraccopoli, nel peggiore all'interno di silos, privata anche dei più elementari diritti oltreché del senso minimo di civiltà, una popolazione di circa 1.500 persone mise letteralmente a soqquadro un paese, distruggendo, incendiando, gridando, facendo tutto quanto era in suo potere per comunicare l'orrore cui era sottoposta.

Quasi quindici anni dopo siamo a Latina, dove qualche giorno fa il bracciante Satnam Singh è morto a causa di un incidente avvenuto nell'azienda agricola in cui era impiegato, e sulla quale pesa un'indagine avviata da ben cinque anni per reati collegati anche qui al caporalato. Seguendo la dinamica dei fatti, Satnam rimane incastrato in uno dei macchinari avvolgiplastica e da un momento all'altro si ritrova amputato, a quel punto viene prelevato dal proprio datore di lavoro e scaricato davanti la sua abitazione come se niente fosse, senza che gli venga prestato soccorso. In ospedale Satnam riuscirà comunque ad arrivarci, ma quando sarà troppo tardi. Morirà infatti dissanguato dì lì a poco.

Due orrende situazioni speculari dunque, le ali di una stessa farfalla che macabramente sbattono dopo più di un decennio, e che ci avvisano che niente all'apparenza è cambiato, che la danza della disperazione si svolge ancora una volta: ancora azioni efferate e incidenti, proprio come a Rosarno, ancora la rabbia di chi è sopravvissuto e continua a sottostare a barbare condizioni; ancora cortei, proteste, manifestazioni, denunce, ancora appelli e ancora promesse. Ancora proclami.

Quanto stiamo vedendo in questi giorni lo abbiamo già visto. Lo spettacolo indegno a cui assistiamo è ahimè già parte di un orizzonte comune, che solo un occhio superficiale potrebbe liquidare con semplicità. La situazione è infatti molto più che complessa, inglobando di necessità la controparte italiana. E anche da questo punto di vista Rosarno ha fatto storia, venendo tacciata troppo sbrigativamente di razzismo generalizzato. Intendo cioè dire che ci sono anche i contesti locali, che nulla hanno a che vedere con la dissennatezza dei caporali; intendo dire che ci sono perfino uomini e donne che provano a cambiare le cose, al netto di una situazione disperatissima. Ne ho avuto prova negli ultimi giorni, come dicevo prima, mentre passavo dall'area rosarnese e m'informavo da un amico. Come immaginavo, le baraccopoli non sono scomparse, e tuttavia tante iniziative sono nate da parte dei calabresi per permettere agli immigrati di migliorare le proprie condizioni di vita: come quelle portate avanti dal Consorzio Macramè, che si preoccupa di far accedere queste persone ad alcuni servizi essenziali, in primis al sistema sanitario nazionale, o s'impegna a cercare loro un'abitazione. Vi sembra poco? Vi sembra banale? Invece è una rivoluzione bell'e buona.

Mentre apprendevo tutto questo pensavo istintivamente a Satnam, ucciso dall'indifferenza, dalla mancanza di umanità

prima e dal resto poi. Pensavo ai piccoli immensi passi che si stanno facendo per Rosarno, e a quelli ancor più grandi che dovranno essere fatti per gli altri, per le migliaia di extracomunitari residenti nell'Italia intera.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica