Berlino - Berlino è il capolinea. Dal po-po-po ai fischi. Diciotto anni dopo il colpo Mondiale, questo Europeo è un fallimento. Meritatissimo. L'Italia torna a casa senza niente, senza anima, senza gioco. Con un futuro tutto da inventare. Mai vista una Nazionale così. La Corea, il Mondiale in Sudafrica. La Svezia a San Siro, la Macedonia a Palermo. Reduci da due eliminazioni Mondiali di fila e con quel trionfo di Wembley, che ci ha fatto godere sul momento ma che alla lunga ha fatto male. Ha illuso di avere un movimento in salute. Le finali europee degli ultimi due anni dei club per modo dire «italiani», hanno contribuito a una narrazione distorta. Spiegata così la fuga nella sabbia dorata del deserto di Roberto Mancini. Lui addirittura aveva paura di non qualificarsi per la Germania. Spalletti ci è riuscito, poi ha fatto i conti con una realtà drammatica. Il calcio italiano sprofonda nei bassifondi del pallone, preso in giro dagli svizzeri: «Noi una Ferrari, voi una Panda».
Si va a casa con quella Svizzera, che ci aveva già negato un mondiale. I vicini diventano un tabù. Il ct Yakin festeggiava già prima del riscaldamento con una passerella a salutare i tifosi e a guidarne i cori. Probabilmente convinto che anche l'ennesima rivoluzione tattica di Spalletti in due settimane di torneo non sarebbe riuscita. Non ha funzionato il bastone, quel volere sempre tutti sul pezzo fino alla Spagna; non è servita la carota, all'insegna della spensieratezza nella vigilia dell'ottavo di Berlino. Dopo che a Lipsia il ct aveva perso la bussola per una domanda. Spia anche quella di una situazione disperata.
L'aperitivo servito a Berlino è stato un aborto calcistico. Una squadra in stato confusionale rimasta ferma alla rumba subita dalla Spagna, che ha tolto le poche certezze. Il ct ha cercato disperate risorse, una rivoluzione con sei cambi rispetto alla Croazia, ma ha ricevuto la timida risposta di Fagioli al posto di Jorginho. Mancini per lo squalificato Calafiori con il ritorno a una difesa a quattro o almeno «a quello che può sembrare», aveva detto il ct. Azzeccate perché la squadra è indifesa, inerme di fronte alla Svizzera che va al doppio per ritmo e velocità. E soprattutto conosce a memoria lo spartito da recitare. Invece il copione dell'Italia è un foglio terribilmente bianco. Con l'aggravante che non impara neppure dai suoi errori. La Spagna ci aveva devastato la fascia destra con Nico Williams. E Spalletti cosa fa? La ripropone tale e quale. Di Lorenzo e Chiesa. Risultato: Vargas confeziona l'assist del vantaggio e poi nella ripresa segna il gol che chiude una partita mai iniziata.
L'Italia non tira in porta, a Scamacca non arriva un pallone giocabile anche se il suo ciondolare per il campo è irritante. Chiesa un fantasma. Così il mal di gol diventa incurabile. Il giro palla è lento e zeppo di errori tecnici. Barella colpito duro in avvio da Freuler scompare e non riuscirà a seguire lo stesso giocatore del Bologna mandandolo a segnare indisturbato. Ma il Ct aspetterà oltre un'ora per sostituire l'interista quando ormai la Svizzera è avanti di due gol con il raddoppio altrettanto imbarazzante subito dopo l'intervallo. Negli spogliatoi era rimasto solo El Shaarawy per l'uomo del miracolo di Lipsia, Zaccagni. In realtà sarebbero serviti dieci cambi. Poi Spalletti prova Retegui al fianco di Scamacca, ma la Svizzera per correre un brivido si auto-provoca un palo. L'altro legno è un gol mangiato da Scamacca. Il nostro piccolo Europeo finisce lì. Fuori dal G8 da campioni in carica.
Un disastro con l'idea di non aver costruito nulla. Spalletti non molla, la Federcalcio di Gravina non è in un momento di forza, la squadra peggio. E così ora è difficile pensare all'obiettivo di questo ciclo: tornare al Mondiale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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