
«L'Italia sta forgiando il futuro». Così Nicola Procaccini, europarlamentare di Fdi e co-presidente del Gruppo dell'Ecr, sullo stato della ricerca sulla fusione nucleare. Proprio ieri Procaccini e l'Ecr hanno presentato a Roma, in un convegno, con il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, uno studio sullo stato di maturazione della nuova tecnologia. Le tempistiche, per quanto lunghe, si fanno interessanti. E il ruolo dell'Italia centrale.
Il governo sembra sempre più indirizzato a investire sul nucleare. C'è una prima data: il 2030.
«Il governo è allineato. La legge delega approvata e la strategia del ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin ci portano verso il nucleare sostenibile. Ma parliamo ancora di fissione. Gli smart modular reactors, cioè i reattori di piccola dimensione. Che dovrebbero essere disponibili dal 2030. Poi arriverà la quarta generazione di nucleare da fissione: gli AMR, che ridurranno ulteriormente le esternalità negative come le scorie radioattive».
Ma il tema è soprattutto la fusione
«Sì, è la killer energy, la fusione nucleare, quella a cui dobbiamo puntare in chiave prospettica. Faccio presente come la fusione nucleare sia la forza generatrice del Sole, delle stelle e dell'intero universo. Padroneggiare quella tecnologia, per l'umanità, significherà chiudere il cerchio. Perché avremo la possibilità di utilizzare qualcosa che non è mai stato nelle nostre mani. Energia pulita, sostenibile, illimitata, senza rischi e priva della produzione di scorie».
Lei durante il convegno ha rivendicato come l'Italia possa definirsi prima nella ricerca sulla fusione nucleare.
«Sì, siamo l'unica nazione del mondo, e certo non siamo la più grande, a essere in grado di chiudere la catena del valore. Quella che vai dai fisici agli ingegneri, passando per i saldatori. Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia, Corea del Sud: sono tutti impegnati nella ricerca della fusione nucleare ma l'Europa, grazie all'Italia, è più avanti. Così come dimostrato anche dal rapporto presentato ieri a Roma dall'Ecr. Lo studio del professor Piero Martin, professore ordinario di Fisica sperimentale dell'Università di Padova, è eccezionale. Se dovessimo riuscire, anzi, quando vi saremo riusciti, avremo forgiato il futuro».
Giorgia Meloni parla spesso di fusione nucleare.
«Quando si intestardisce su questo tema non lo fa per un calcolo elettorale, ma perché ragiona da statista. Gli effetti positivi della fusione saranno goduti da altre generazioni. E saranno altri politici, altri governi a rivendicare il risultato. Ma va bene così. Il nostro compito è lasciare il mondo migliore di come l'abbiamo trovato».
Nucleare che è anche al centro del Consiglio europeo straordinario ma in relazione alla spese per la difesa.
«La vulgata populista va smentita. Ogni investimento per la difesa militare, nella storia dell'umanità, è servito per arricchire la civiltà.
Potrei citare internet, le auto e gli aerei, ma persino i tessuti che utilizziamo per vestirci derivano da investimenti nel settore militare. Spendere in difesa non significa soltanto comprare armi ma dare input generativi di trasformazioni radicali grazie alla ricerca».
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