Segretario Sbarra, avete definito la manovra come «una trasformazione delle priorità Cisl in risultati concreti». Quali sono gli obiettivi più significativi raggiunti?
«Nella legge di Bilancio ci sono molte misure che rispondono alle nostre proposte. Non mancano criticità o punti migliorabili, ma il giudizio complessivo è positivo, ed è nostra intenzione rivendicarlo, perché quei provvedimenti sono frutto del nostro impegno. Nel merito, nonostante i vincoli del Patto di Stabilità e del Superbonus, che da soli valgono 50 miliardi, sono previste risorse importanti a favore del lavoro dipendente (taglio strutturale cuneo fiscale e contributivo e accorpamento delle aliquote Irpef) e dei pensionati (piena indicizzazione) oltre al sostegno alla famiglia e alle assunzioni di lavoratrici madri e incentivi all'occupazione nel Sud. Si sostiene la contrattazione di secondo livello (detassazione e fringe benefit), si rafforza lo stanziamento sul Fondo Sanitario Nazionale, che però va ulteriormente implementato. Ci sono anche risorse importanti per rinnovare i contratti dei settori pubblici. Tutti punti che abbiamo rivendicato a gran voce in questi mesi».
Su quali punti ritiene che ci siano margini di miglioramento? Su quali priorità insisterete nell'incontro di oggi con il governo?
«Il primo obiettivo è difendere quello che abbiamo conquistato nei passaggi parlamentari. Chiediamo poi alcuni miglioramenti, dentro e fuori il perimetro della legge di Bilancio. Penso al bisogno di aumentare le pensioni minime e il sostegno alla non autosufficienza. Va eliminato il taglio strutturale degli organici nella scuola e il blocco parziale del turnover nella Pa. Vogliamo che si torni indietro nei tagli al Fondo Automotive almeno per il 2025, dove sono sottratti 550 milioni. Più in generale, chiediamo uno sforzo sulle fasce medie, elevando ulteriormente la soglia di décalage del taglio del cuneo fino ai 60mila euro o abbassando le aliquote del secondo scaglione Irpef».
Potrebbe spiegare le ragioni che hanno portato la Cisl a non aderire allo sciopero generale del 29 novembre indetto da Cgil e Uil?
«Lo sciopero è stato indetto da Cgil e Uil senza coinvolgere la Cisl. Ma anche se ci avessero chiamato, avremmo detto no per una ragione banalissima: è una manovra che in larga parte recepisce le nostre priorità. Non perfetta, certo, ma assolutamente non da arma di ultima istanza. Se ogni volta che dobbiamo migliorare uno strumento proclamiamo l'astensione dal lavoro, non possiamo stupirci se i lavoratori non ci seguono più. I risultati li vediamo nell'ultima mobilitazione Cgil della scuola, un'adesione ferma a numeri da prefisso. Non ci si rende conto che in questo modo si allontana la gente dal sindacato?
Ritiene che questa divisione, causata dalla posizione di Landini, possa indebolire la rappresentanza dei lavoratori?
«Il rischio è che il proporre costantemente toni allarmisti, indicare la democrazia in pericolo, riproporre compulsivamente lo sciopero generale sfibri la capacità di rappresentanza del mondo del lavoro e non faccia bene neanche ai partiti di opposizione. Per come la vede la Cisl, il sindacato ha un dovere: assumersi la responsabilità delle scelte, rimanendo fin quando possibile sul tavolo della trattativa, sfidando le controparti sui contenuti e nel merito, non sul pregiudizio e l'ideologia. Diversamente si bruciano le relazioni sindacali, la voce dei lavoratori si allontana dai luoghi delle decisioni e si finisce nell'irrilevanza».
I rapporti tra Confindustria e governo sono migliorati con la presidenza Orsini. È una dinamica che vi favorisce o che vi preoccupa?
«Che il sistema delle imprese sviluppi il rapporto con l'esecutivo mi sembra sacrosanto.
Ora si tratta anche di rafforzare la relazione con il sindacato responsabile per raggiungere obiettivi comuni e strategici che si chiamano salari e produttività, sicurezza nei luoghi di lavoro, rinnovo dei contratti e sostegno al secondo livello, partecipazione e democrazia economica. Le forze sociali animate da un autentico riformismo devono puntare ad un patto di responsabilità per la crescita e il futuro del Paese».
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