Intorno al caso della studentessa iraniana le notizie che abbiamo sono poche, poche ma affilatissime, anche feroci potremmo dire, assolutamente dirompenti. Sono notizie che dovrebbero fare la storia e anzi azzarderei che l'hanno già fatta, per quanto in Italia se ne parli ancora troppo poco e non se ne colga l'eccezionale portata riformatrice, che solo all'apparenza riguarda un'unica ragazza, essendo la vicenda necessariamente di rilevanza universale, riguardando infatti e disperatamente noi tutte, avendo trasversalmente a che fare con qualsiasi donna impegnata a guadagnare o a riprendersi ogni piccolo immenso centimetro di libertà sottratta.
Da ieri conosciamo dunque questa giovane, e lo dobbiamo a un video, condiviso sui social e in breve tempo diventato virale in tutto il mondo. Siamo a Teheran, in una delle aree esterne dell'Università Azad. Qui, da quanto è trapelato dal gruppo Telegram Amir Kabir Newsletter, la ragazza sarebbe stata attenzionata dalle forze di sicurezza poiché non indossava il velo tradizionale. Dopo aver opposto resistenza, sarebbe stata quindi molestata da quegli stessi uomini, i quali avrebbero poi lacerato parte dei suoi vestiti, vestiti che lei avrebbe deciso infine di togliere in segno di protesta.
La ragazza è rimasta così in biancheria intima, mostrando disinvolta il suo fisico, sfidando apertamente uno dei regimi più atroci del pianeta, che su un'abominevole misoginia fonda ancora oggi il proprio dominio. Allo stesso modo di un'eroina, sbucata fuori da chissà quale secolo, come una curiosa, inaspettata Amazzone persiana, la ragazza ha esposto pubblicamente il proprio corpo in un Paese in cui il corpo delle donne non è ammesso a esistere: ha cioè preso la propria pelle e l'ha connotata politicamente, le ha assegnato cittadinanza civica, l'ha usata col medesimo valore che potrebbe avere una legge, meglio ancora una rivoluzione. Intendo dire che la ragazza ha cessato di avere una carne privata, nascosta, occultata dall'hijab; ora quella sua stessa carne è diventata cosa pubblica, è stendardo di diritti ancora orrendamente negati, è vera e propria carta costituzionale con cui sperare di scrivere una diversa storia delle donne, o almeno tentare di farlo.
Che ne è stato però di lei? Sappiamo che la cosiddetta polizia morale iraniana l'ha prelevata. Sappiamo che ora si trova in carcere. Sappiamo quello che abbiamo saputo in tante altre occasioni simili a quest'ultima, che tuttavia possiede una potenza inedita, ha in sé il germe di una novità deflagrante, e che non è mera provocazione. Il rischio è non voler vedere quello che sta accadendo perché l'Iran, per una certa cultura, è un avamposto anti Occidentale.
Su ciò naturalmente occorrerà riflettere, discutendo più di quanto non si stia facendo nelle ultime ore, almeno nel nostro Paese; bisognerà rispettare il volere di questa come di mille altre donne che gettano non un velo ma uno strumento sistematico di abuso, prigionia, morte. Stracciarsi le vesti è infatti il sintomo di qualcosa di molto più incendiario, è un'opportunità di rinascita per le donne iraniane a cui dobbiamo tutti contribuire.
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