Una mamma antica

Sono sposata con figli e per una serie di necessità mia madre si è trasferita a vivere a casa nostra. Ed ecco che dal sacco delle opportunità peschiamo ogni giorno virtù impensabili: pazienza, devozione, tenerezza e delizia. Scrivi postadelcuore@ilgiornale.it

Foto di Pixabay
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Buongiorno! In riferimento al tema sul piatto, anche mio marito ha la suocera in casa, la sua casa, quella che fu di suo padre e ancora prima di suo nonno. La suocera di mio marito è mia mamma. Tecnicismo ovvio. Mia Mamma al momento -e non sappiamo per quanto tempo- è e resterà nostra ospite; e quando dico nostra dico proprio nostra: mia, di mio marito e dei nostri figli. Nella “nostra” casa, nel “nostro” caos, con le nostre cene conviviali, gli amici dei nostri figli, le liti e i battibecchi. La suocera è lì. Signora ormai molto anziana e autosufficiente sulla carta, a condividere i servizi igienici e gli spazi non proprio da magione imperiale. Medicine a orari fissi e igiene personale compresa. E’ la mia mamma… signora a me più sconosciuta dello sconosciuto panettiere del supermercato di una lontana città. Eppure, per una serie di necessità è qui, a casa nostra. Ed ecco che dal sacco delle opportunità peschiamo ogni giorno virtù impensabili: pazienza, devozione, tenerezza e delizia. Ognuno sublimi queste virtù come meglio crede e può. Negli anni passati ebbi in casa anche la mia di suocera, la mamma di mio marito. Donna di straordinaria cultura e di mite carattere ebbe l’inconveniente di incappare nella vecchiaia più faticosa alla quale solo la morte può porre rimedio. E così fu. E allora, anche allora io c’ero. E feci quello che mi fu consentito. E anche mio marito c’era. Non eravamo felicissimi… ma fu un’opportunità per incontrare la canutezza che non solo disagi porta ma regala anche scorci di amore e umanità. Tutto il resto è letteratura. O un bel film.
Silvia, una mamma antica


Cara Silvia, se lei è una mamma antica lo sono anch’io. La mia storia personale va tutta nella sua stessa direzione. Ho avuto il privilegio di godermi la mia bisnonna (che è morta a 98 anni) fino ai miei tredici anni, perché lei viveva con la mia nonna (che ora ne ha 101) e che a sua volta è amorevolmente accudita (non che ne abbia troppo bisogno) dalla mia mamma. Quando non addirittura nella stessa casa, abbiamo sempre e comunque abitato tutti vicinissimi. E quindi oggi anche mio figlio ha la fortuna di avere la bisnonna (oltre ai nonni, ovviamente, che sono un suo imprescindibile punto fermo). Inutile dire che se la salute me lo consentirà (rimanere all’altezza dei geni della mia stirpe materna, come capirà, è impegnativo), garantirò la stessa cura a mia madre. Mentre, per quanto riguarda mia suocera, si è appena trasferita nella mia casa di campagna dove è a sua volta assistita. Anche Anna, la centenaria si chiama così, è testimone attivo di tutte le nostre dinamiche, del passaggio degli amici, dei pasti movimentati dagli accesi confronti tra caratteri complessi. Quando mia mamma viene ad aprire la porta a me, mio figlio e mio marito, la frase-mantra è ormai “non litigate, se no la nonna piange”. La stessa nonna alla quale, più passa il tempo, più scopro ad assomigliare (temo non per i geni…). Con i capostipiti in casa cambia e si arricchisce la “geografia” della famiglia e soprattutto la “geopolitica“ dello stesso nucleo. Un esempio? Mia madre è ormai completamente concentrata su mio figlio.

Ma io resto, secondo il contrariato pargolo, la “cocca” indiscussa di mia nonna. E in effetti è così. Cosa che, alla bellezza di cinquantun anni, ha ancora la capacità di scaldarmi e ancorarmi. Perciò viva le mamme antiche Silvia. E tutte le donne che continuano ad abitare in loro.

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