"Sogno la maglia gialla anche solo per un giorno". Intervista ad Alberto Bettiol

Tour de France al via oggi da Firenze, il campione d'Italia è carico: «Voglio indossarla nel nostro Paese»

"Sogno la maglia gialla anche solo per un giorno". Intervista ad Alberto Bettiol
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In una Firenze poco gialla, freddina e molto accaldata, un fiorentino sogna di coprire il suo tricolore con una maglia dal color dei girasoli. Alberto Bettiol 30 anni da Castelfiorentino è da meno di una settimana campione d'Italia e questa maglia la porterà sulle strade di Francia a rappresentare un movimento orfano di Vincenzo Nibali.

Saranno otto gli italiani: non tanti, ma sufficienti per provare a inventarsi qualcosa, come è nel nostro stile. Oltre a Bettiol ci saranno Giulio Ciccone e Michele Gazzoli, Davide Ballerini e Luca Mozzato, Gianni Moscon, Matteo Sobrero e Davide Formolo. Non vinciamo una tappa alla Grande Boucle da 85 tappe, un digiuno lunghissimo, datato 27 luglio del 2019: Val Thorens, con Vincenzo Nibali.

Ci riproviamo oggi, con la Firenze-Rimini di 206 km, tappa dura e nervosa, con 3.600 mila metri di dislivello, come una Liegi, che chiama il campione del mondo Mathieu Van der Poel e Wout Van Aert, Remco Evenepoel, ma anche il nostro Alberto Bettiol, che in carriera non avrà vinto tantissimo, ma un Fiandre nel palmares ce l'ha.

«Non sarà facile, ma io sono qui con un sogno che coltivo da un po', da quando si è saputo che la Grand Départ sarebbe stata in Italia e da Firenze in particolare racconta il campione d'Italia -. Sto inseguendo un sogno, che coltivo fin da bimbo, quando mi sono innamorato della bicicletta (ama anche il volo e sta prendendo il brevetto per guidare i superleggeri, ndr): vestire la maglia gialla anche per un solo giorno. Desideravo la maglia tricolore e domenica scorsa a Sesto Fiorentino, sull'uscio di casa di Alfredo Martini, ho realizzato il mio sogno. Adesso ho quello della prima maglia gialla».

È un Tour d'Italie, che domani pedalerà sulle strade di Pantani.

«Questa Grande Partenza è un omaggio che il Tour fa al nostro ciclismo, al nostro movimento. In nome di Marco, Bartali e Nencini, Ottavio Bottecchia e Felice Gimondi, Fausto Coppi e Vincenzo Nibali. Noi abbiamo una grande tradizione, per il mondo noi siamo la storia del ciclismo e i cugini francesi lo sanno bene».

Per quasi quattro giorni l'Italia sarà vista nel mondo, gli italiani in questo Tour si faranno vedere?

«Siamo in otto e ci faremo vedere e apprezzare. Giulio (Ciccone) è un lottatore nato, che ha la possibilità di vincere una tappa e magari rivincere anche la maglia a pois di miglior scalatore. Davide Ballerini, Gianni Moscon e Davide Formolo sono degli attaccanti nati, che sono qui per provare a rompere le uova nel paniere».

Il Galibier già alla quarta tappa.

«Questo è un Tour che parte subito forte, con le tappe italiane che non sono certo facili, ma molto esigenti. Quella di martedì può fare assolutamente male e qualcuno già dovrà dire addio a sogni di classifica finale».

Sembra un duello a due, come nelle ultime edizioni, tra un pimpante Pogacar e un rientrante Vingegaard.

«Tadej è un fuoriclasse assoluto, ma se Jonas ha deciso di essere qui non è certo per fare una gita di piacere. È vero, non corre dal 4 aprile scorso, ma ha un talento infinito, parliamo dei due corridori più forti del pianeta. Tadej con il danese tra i pedali non farà certo una passeggiata».

Se dovesse fare un pronostico, su chi punterebbe?

«Credo che Pogacar parta con una convinzione e una condizione migliore, anche se ha fatto sapere che ha dovuto superare anche il fastidio del Covid.

Però Vigegaard non ha nulla da perdere: per lui è già tanto essere qui e proverà a rovinare la festa a Tadej. Io dico Pogacar, anche se per Tadej non sarà una gita di piacere. Quello che gli avete visto fare al Giro, qui non lo farà assolutamente».

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