nostro inviato a Lugano
E se fosse quel tipo là, quello con la Lacoste giallina e i pantaloni bianchi, che se ne sta appoggiato da venti minuti, senza un motivo, al portico e guarda i clienti seduti al bar Federale?. O quell'altro, massì, quello con la faccia truce e il telefonino incollato all'orecchio, che va avanti e indietro come un pendolo da quarantacinque minuti, di fronte alla stazione ferroviaria e sembra trapassare con lo sguardo chi scende dal treno? Se non è un finanziere lui, con quella faccia scura come questa cappa di umidità e nuvole che sta sopra le nostre teste, chi mai potrà esserlo?
Trentadue gradi in riva al lago, dove non si muove un refolo di vento. Anche i cigni, persino loro, impuniti e anche un po' fastidiosi, escono dall'acqua e, ancheggiando, si infilano nel sottopassaggio per sbucare in piazza Riforma e mettersi al riparo dal caldo afoso sotto il gran platano. Nell'ombra. Anche loro. Come il tizio della Lacoste e quello della stazione. Ombre che si allungano nella torrida estate del Canton Ticino dove la stagione della caccia si è aperta con largo anticipo.
Caccia agli evasori: gli italiani, quelli che, in questi giorni, si muovono con una strana circospezione non proprio tipica del turista. Sono pedinati, osservati e, in qualche caso, anche fotografati. Sulle loro tracce gli uomini delle fiamme gialle, ovviamente in borghese. Che non vogliono perdersene nemmeno uno. Siano pesci di taglia media o piccola, poco importa. Perché tutti insieme fanno un grande acquario, attraversato da fiumi di denaro. Denaro che adesso cerca faticosamente ma anche precipitosamente, giusto come i salmoni, per restare tra le varietà di pesci, di risalire la corrente e tornarsene in Italia. Perché il nuovo refrain, comune a molti, è: «non si sa mai, beccassero proprio me». Di quegli uomini dal passo felpato, che si muovono nell'ombra se ne sono accorti subito i leghisti ticinesi, capitanati dall'incontenibile Giuliano Bignasca. Che non solo hanno fiutato un'aria che non è più aria, ma hanno anche sporto regolare denuncia alle autorità cantonali perché «L'agire dei finanzieri - sostiene la Lega dei Ticinesi - è intollerabile, illegale e pericoloso in uno Stato di diritto come quello svizzero in cui la sfera privata e il segreto bancario sono preservati».
Sottoscrive, conferma e ribadisce, dal quartier generale di via Monte Boglia, proprio Bignasca che gira e rigira per le mani una sorta di rapporto con tutti i dettagli che hanno raccolto i suoi: «I finanzieri, sotto copertura, si muovono in coppia, in abiti civili. Pedinano e controllano i cittadini italiani che visitano il Cantone Ticino perché hanno come unico obbiettivo quello di stanare gli evasori, o intimidire i cittadini italiani che si recano per questioni bancarie nelle località del nostro Cantone, in particolare in quelle di Chiasso e Lugano». Due piazze ovviamente strategiche per gli evasori di ritorno che, per la verità vengono monitorate più efficacemente grazie all'interscambio di informazioni e all'attività di pattugliamento del Centro comune di cooperazione di polizia e doganale tra Svizzera e Italia con sede a Chiasso. Nato sette anni fa per arginare ogni sorta di crimine, terrorismo in primis, in questi giorni il Centro, con gran fermento, si sta dedicando alle prede di cui stiamo parlando. Per questo tirando fuori tutto il leghista ticinese che c'è in lui l'imprenditore edile Bignasca sbotta: «Siamo preoccupati, anzi scriva pure che siamo veramente incazzati tanto che abbiamo sollecitato una presa di posizione del Consiglio Federale. Il nuovo andazzo è insostenibile perché gli sconfinamenti sul nostro territorio degli investigatori italiani in questi giorni si sono moltiplicati. E con diversi metodi: dai controlli sui treni in territorio elvetico e prima dell'ultima fermata su suolo ticinese, fino alle intercettazioni telefoniche. Abbiamo ragione o no di preoccuparci?. Sa quanti sono nel Cantone le persone che lavorano nelle banche o nelle finanziarie? Glielo dico io: ventimila.
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