Affare Serravalle, quella perizia fuori tempo che smentisce e mette nei guai Penati

L’esponente Pd dice: prezzo ok secondo l’advisor. Ma il parere è successivo all’acquisto delle azioni. Il documento è redatto da Vitale, il "finanziere rosso" del caso Unipol

Affare Serravalle, quella perizia fuori tempo  che smentisce e mette nei guai Penati

Milano Quel giorno, l’advisor di manica larga disse che sì, il prezzo era giusto. Disse che i 238 milioni di euro pagati dalla Provincia di Milano - allora guidata da Filippo Penati - per acquistare le azioni di Serravalle in mano al costruttore Marcellino Gavio ci stavano tutti. Disse che, in fondo, valutare ogni azione della società autostradale tra i 7,1 e i 9,69 euro poteva considerarsi «ragionevolmente congruo». E così fu. Palazzo Isimbardi le pagò 8,831 euro l’una. Alla faccia di altre sei perizie, che abbassavano - e non poco - l’asticella dell’esborso pubblico.

Eppure, Palazzo Isimbardi rivendicò la correttezza dell’operazione anche sulla base di questa consulenza. Chi la firmò? Guido Roberto Vitale, il banchiere dei Democratici, il «finanziere rosso» che seguì anche un’altro affare che ha fatto storia (giudiziaria), ossia il tentativo di scalata di Unipol a Bnl. E quando la firmò? E qui nascono i dubbi. Dalle carte consegnate alla commissione garanzia e controllo di via Vivaio da Bruno Dapei (vicepresidente del Consiglio provinciale), sembra che lo studio Vitale&Associati abbia redatto il documento ad affare concluso. Insomma, un’enorme toppa per rappezzare il buco creato da Penati. Il quale, peraltro, ricambiò con due generose determine dirigenziali, firmate dall’allora direttore responsabile Antonino Princiotta, sotto inchiesta dalla procura di Monza che indaga sul cosiddetto «sistema Sesto».

La data chiave è il 29 luglio 2005. Quel giorno, la Provincia di Milano acquista il 15% della Serravalle dal gruppo Gavio. Palazzo Isimbardi acquisisce la maggioranza assoluta della società, e Gavio incamera una plusvalenza da 170 milioni. Lo stesso giorno, Princiotta sigla la «ricevuta» della consulenza dello studio Vitale&Associati. Ma a leggerlo, quel documento, qualcosa non torna. L’advisor, infatti, spiega di aver redatto la perizia anche sulla base del «contratto di compravendita di azioni della Serravalle tra Asam (il veicolo societario di via Vivaio, ndr) e Gavio sottoscritto il 29 luglio 2005», e il «contratto di finanziamento della Serravalle tra Asam e Banca Intesa sottoscritto il 29 luglio 2005». Insomma, nel giro di 12 ore vengono firmati i due contratti e completata la consulenza. Ma c’è dell’altro. E sta nelle parole usate dagli esperti di Vitale.

Nelle 16 pagine di documento, infatti, si parla al passato. «Facciamo riferimento agli accordi raggiunti tra la Provincia di Milano e le società facenti capo all’imprenditore Marcellino Gavio in merito all’acquisto da Gavio, da parte di Asma spa, di complessive 27milioni di azioni ordinarie rappresentative del 15% del capitale della società Milano-Serravalle».

Ancora, è «essenziale che la Provincia, forte della nuova qualità di azionista di maggioranza assoluta, assuma un ruolo attivo nell’indirizzare la società». Insomma, l’affare viene dato per concluso. E allora perché un parere «a babbo morto»? Ad ogni modo, nelle carte si specifica che «il documento è indirizzato al presidente della Provincia per uso esclusivo suo e degli altri organi competenti della Provincia \, ha contenuto strettamente riservato» e non può «essere riportato in pubblico o in alcun documento accessibile al pubblico».

Non sono le uniche anomalie di quei giorni. Lo studio Vitale&Associati, infatti, avrà due incarichi dalla Provincia, entrambi poco chiari. Il 21 luglio del 2005 - solo 8 giorni prima del passaggio azionario - Princiotta dispone il pagamento di 80mila euro per un «incarico professionale per l’assistenza sulle linee di indirizzo sul progetto di quotazione in Borsa della Milano-Serravalle spa». Ancora più strano è l’atto dell’8 agosto successivo.

Centoventimila euro per stabilire quale fosse il prezzo congruo per acquistare le azioni della società autostradale. Peccato che l’affare sia già andato in porto. «È la pistola fumante delle irregolarità e delle insensatezze commesse», attacca Dapei.

Che su tutta questa storia ha in mente di scrivere un libro. E un titolo gli frulla in testa. «Abbiamo un’autostrada». Ogni riferimento («Abbiamo una banca», esultava Fassino al telefono con Consorte) non è per niente casuale.

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