da Roma
Il no comment è ufficiale. La conferma è ufficiosa. Clemente Mastella è indagato per abuso di ufficio e violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete, dal sostituto procuratore di Catanzaro Luigi De Magistris. Lo stesso per il quale, a settembre, il ministro della Giustizia ha chiesto al Csm il trasferimento cautelare urgente.
«Attendo serenamente gli sviluppi di questa situazione», commenta il Guardasigilli. Dice di apprendere la notizia dalla stampa e di non metterla in dubbio, malgrado ci sia di mezzo il segreto istruttorio. «Sono completamente estraneo - aggiunge - alle vicende per le quali mi si muoverebbe addebito. Io massone? Ignobile e ridicolo. Non sono mai stato iscritto a nessuna loggia, né in Italia né all’estero, e non ho mai partecipato a comitati d’affari o a singoli affari, come testimonia la mia trentennale vita pubblica e sono pronto a denunciare chiunque mi associ a fatti del genere». Più tardi, il leader dell’Udeur rassicura in Umbria gli uomini del suo partito: «Dovete solo stare tranquilli e siate orgogliosi di me perché sono una persona perbene e pulita».
De Magistris non sembra pensarla così. Lunedì 8 ottobre il pm è venuto a Roma per presentarsi di fronte al «tribunale dei magistrati», la sezione disciplinare del Csm. E quando la decisione sul suo allontanamento è stata rinviata al 17 dicembre, è uscito da Palazzo de’ Marescialli dicendo che sarebbe tornato a lavorare «alacremente». Infatti, si è dedicato soprattutto all’inchiesta Why not, sul presunto Comitato d’affari tra politici, imprenditori e funzionari dei servizi segreti per ottenere finanziamenti pubblici dall’Ue. Quella che da luglio ha tra gli indagati Romano Prodi, per abuso d’ufficio. Appena rientrato a Catanzaro, De Magistris ha convocato una riunione con i periti d’ufficio, compreso il superconsulente Gioacchino Genchi, per esaminare flussi finanziari e telefonici emersi dall’inchiesta. In particolare, tabulati e intercettazioni telefoniche, comprese quelle che riguardano i rapporti tra Mastella e l’accusato principale dell’inchiesta: l’imprenditore Antonio Saladino, ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria. Alla fine della scorsa settimana, secondo le indiscrezioni sabato 13, il pm ha iscritto nel registro degli indagati anche il Guardasigilli. Non ci sarebbe sul provvedimento, perchè non avrebbe svolto alcun ruolo nell’inchiesta, la controfirma del procuratore capo Mariano Lombardi, grande antagonista del pm e anche lui a rischio trasferimento nello stesso procedimento disciplinare aperto dal ministro della Giustizia. Avrebbe invece firmato l’aggiunto Salvatore Murone.
Una vicenda già delicata si complica così ulteriormente. E mina soprattutto i già precari rapporti tra magistratura e governo-Prodi. Da un lato, il pm sotto «processo» al Csm per volere del Guardasigilli, dall’altro il ministro indagato da quello stesso sostituto procuratore che ha già messo nel mirino il suo premier. Sospetti di ritorsioni reciproche, di intimidazioni, di minacce all’indipendenza delle toghe o al potere della politica.
«Essere indagati non vuol dire essere colpevoli», avverte il ministro delle Riforme. Vannino Chiti raccomanda rispetto sia per la magistratura, sia per la politica. Ed «equilibrio, riservatezza, senso di responsabilità che a volte mancano». Chiti difende Mastella, «persona impegnata che sta dando un contributo di lealtà al governo».
In realtà, il Guardasigilli dichiara nelle stesse ore: «Siamo per andare al voto in primavera. Prima ti togli il dente e meglio è, nell’interesse degli italiani», perché «la maggioranza quasi non c’è più» e ci avviamo «velocemente verso elezioni anticipate». Intanto, lui dovrebbe dimettersi per Francesco Storace.
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