Affondo di Tremonti: adesso basta E incassa l’appoggio degli alleati

«O il Governatore fa un passo indietro o ne faremo noi uno in avanti». Anche La Malfa per le dimissioni

Affondo di Tremonti: adesso basta E incassa l’appoggio degli alleati

Anna Maria Greco

da Roma

Giulio Tremonti è sempre stato il grande accusatore di Antonio Fazio, ma adesso alle sue spalle ha l’esecutivo e la maggioranza. Compatti. «È una situazione - dice il ministro dell’Economia - non più accettabile. O il governatore fa un passo indietro o il governo e il parlamento devono fare un passo avanti».
La notizia dell’indagine giudiziaria milanese su Fazio è esplosa da poche ore e Tremonti sta per andare al Consiglio dei ministri. «Proporrò - spiega - di introdurre nella legge una norma, come c'è in Francia e Germania, perché la nomina del governatore sia fatta dal governo, sentito il parlamento e di intesa con l'opposizione. Il governo non deciderà in modo autocratico, non cerca di estendere il suo potere sulla Banca d'Italia. Casomai è l'opposto».
La sua dichiarazione, diversamente da altre volte, viene subito appoggiata da Fi, An, Udc. Anche la Lega non obietta. Il pressing sul governatore di Bankitalia perché offra le sue dimissioni è pesante. Il coordinatore azzurro Sandro Bondi precisa che la decisione è affidata al «senso di responsabilità e alla sensibilità istituzionale» di Fazio, ma aggiunge che andrebbe «scongiurata una crisi istituzionale». E raccomanda alla Cdl di votare unita la riforma sul risparmio. «Le istituzioni prevalgono sulle persone», ricorda a Fazio il segretario Udc Lorenzo Cesa, garantendo l’appoggio del suo partito alla riforma. Il sottosegretario centrista all’Economia Michele Vietti aggiunge che l’autorevolezza del governatore è in crisi, mentre l’Italia «ha bisogno di credibilità sui mercati internazionali». «Pieno sostegno» a Tremonti, da parte di An. «Fazio sbaglia a non dare le dimissioni», dice il ministro per le Politiche agricole Gianni Alemanno. Pure uno strenuo difensore del governatore come Giorgio La Malfa, gli chiede di fare il «suo dovere, nell'interesse dell'Istituto e del Paese». Ma il ministro delle Politiche comunitarie ammette che il governo non può obbligare Fazio ad andarsene, soprattutto per i vincoli del Trattato di Maastricht che «interpreta qualunque intervento che ponga termine ad un mandato, come lesione dell'indipendenza delle banche centrali». La difficoltà, spiega La Malfa, sta nel fatto che per introdurre un termine al mandato di governatore bisogna comunque prevedere un periodo di transizione per l’attuale capo di Bankitalia. Il relatore al ddl sul risparmio Stefano Saglia (An) suggerisce una via d’uscita da concordare con la Bce: introdurre «una norma transitoria che valga per il governatore in carica». Ma per Renato Brunetta, consigliere economico di Palazzo Chigi, né il governo né il parlamento possono dimissionare Fazio. Si può solo approvare la riforma sul risparmio, e con un’intesa bipartisan. Quella di Tremonti è «la strada maestra», dice La Malfa. Per il ministro l’esecutivo dovrebbe nominare non solo il governatore, ma tutto il direttorio. E per 7-8 anni, non per 5, come si propone.
Cauto, invece, Roberto Maroni. Prima schiva la domanda su Fazio dicendo che si sta occupando della sorte di 8mila lavoratori (Fiat), non «di un solo posto di lavoro». Poi il titolare del Welfare aggiunge: «La mia posizione personale non conta, martedì al consiglio dei Ministri su Bankitalia ascolteremo quello che avrà da dire il ministro Tremonti e poi il governo deciderà».
Rimane l’interrogativo sulle dimissioni del signore di Palazzo Kock.

L’azzurro Giorgio Jannone, della commissione Finanze della Camera, dice di essere stato discretamente informato che Fazio getterà la spugna dopo l'approvazione a Montecitorio del disegno di legge sul risparmio, mercoledì prossimo. Sarà vero?

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