Aids, la crisi taglia i fondi. Ma il contagio ora si diffonde tra gli eterosessuali

Al via la conferenza internazionale di Vienna: oltre 20mila partecipanti per cercare di rimediare alla penuria di finanziamenti e consentire a tutti l'accesso alle cure. Dal 2001 17 per cento di malati in meno, ma tra le categorie più a rischio ci sono i «promiscui»

L'Aids è in calo nel mondo, eppure la minaccia si fa più insidiosa per tutti: per mancanza di finanziamenti, per il suo concentrarsi soprattutto in Africa, per il suo diffondersi invece soprattutto tra la categoria più difficilmente allertabile, ovvero quella degli eterosessuali promiscui.
Si apre domani a Vienna la diciottesima conferenza mondiale sull'Aids, che vedrà oltre 20 mila partecipanti. I lavori saranno incentrati sull'accesso alle cure per tutti, uno degli obiettivi del millennio decisi dall'Onu per il 2015. Nella sessione di apertura anche la cantante britannica, fondatrice e membro degli Eurythmics, Annie Lennox, promotrice della campagna «una voce contro l'Aids nelle donne e nei bambini» e ambasciatrice dell'organizzazione anti-Aids delle Nazioni Unite.
«Questa è un'edizione importante per la conferenza, perchè siamo a soli 5 anni dal 2015, la data in cui dovrebbe essere garantito l'accesso a tutti ai trattamenti e alla prevenzione - afferma Alessandra Cerioli, presidente della Lila (Lega italiana per la lotta all'Aids - ci sono ministri della Salute di molti Paesi, ma l'Italia brilla per la sua assenza. Il nostro Paese non ha ancora versato la propria quota al Fondo Globale, ed è indietro persino nella presentazione del country report richiesto dall'Onu ogni due anni e che non abbiamo mai presentato».
L'Italia doveva partecipare al fondo con 260 milioni di euro. In realtà la crisi economica ha toccato le donazioni di un po' tutti i paesi, e dei 25 miliardi di dollari che dovevano arrivare tra il 2006 e il 2010 ne sono a disposizione solo 11,3, come ha denunciato l'organizzazione Medecines sans Frontieres qualche giorno fa.
«Sono d'accordo sul fatto che ci sono pochi fondi per le campagne - afferma Giampiero Carosi, direttore dell'Istituto di Malattie Infettive e Tropicali dell'università di Brescia e membro della commissione per la lotta all'Aids del ministero della Salute - ma c'è anche un altro problema: mentre prima le categorie più a rischio erano facilmente raggiungibili, perchè erano tossicodipendenti o gay, ora il problema riguarda soprattutto gli eterosessuali promiscui, che sono giovani e vecchi, donne e uomini. Fare campagne per tutti è poco efficace, sparare su tutti è come sparare su nessuno».
Secondo quanto affermato da Anthony Fauci, direttore dell' Istituto nazionale americano per le malattie infettive (Niaid) in un articolo su Science, lo stop alle donazioni arriva in un momento in cui «iniziamo a cogliere alcuni successi fondamentali. Dal 2001 i contagi nel mondo sono diminuiti del 17 per cento, ma per ogni persona che riceve un trattamento se ne infettano tre. Se i governi non aumentano gli sforzi per garantire i fondi le conseguenze a lungo termine costeranno molto di più».
Nel mondo sono circa 33 milioni le persone sieropositive, concentrate per il 70 per cento in Africa. Si calcola che almeno 9,5 milioni di persone non abbiano accesso alle terapie.

Alla conferenza, che durerà fino al 23 luglio e avrà fra gli speaker Bill Clinton e il ministro della salute sudafricano Aaron Motsoaledi, verrà presentata anche la «dichiarazione di Vienna», nella quale i paesi firmatari si impegnano ad attuare politiche di riduzione del danno sul consumo degli stupefacenti che prevengano il contagio tramite lo scambio di siringhe infette: «L'Italia è famosa nel mondo per essere stata la prima ad applicare queste politiche negli anni '80, dalla distribuzione di siringhe pulite alla promozione dell'uso di metadone, che hanno avuto un grande successo nel diminuire i contagi - conclude la presidente della Lila, Cerioli - ma paradossalmente non firmerà la dichiarazione».

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