Gli aiuti al Libano nelle tasche di Hezbollah

Imbarazzo del portavoce governativo: il Partito di Dio si sarebbe impossessato di 370 milioni di dollari

Gli aiuti al Libano   nelle tasche di Hezbollah

da Klaya (Libano del Sud)

«Sono tornati... quel tavolo era una roulette, c’erano mazzette di dollari dappertutto, borse piene. La gente prendeva, firmava e correva a casa». Tony, impenitente costruttore maronita della cristianissima Klaya, settanta case alle porte di Marjayoun e a un tiro di schioppo da Israele, te lo ripete assieme agli altri. Raccontano, in un coro incredulo e voglioso, quella pioggia di denaro, quella lotteria senza perdenti tra le case distrutte e riedificate di Khiam, la roccaforte del Partito di Dio spianata dalle bombe israeliane nell’estate 2006.
Te lo ridicono, uno dopo ’'altro, Jacqueline, George, Michael. «Era come dopo la guerra quando Jihad Bina, (la compagnia di costruzione di Hezbollah, ndr) distribuiva i primi acconti ai proprietari di case distrutte o danneggiate - racconta la maestra Jacqueline, 32 anni, - mercoledì hanno consegnato il primo saldo per tenerli buoni». George, 43 anni, tassista maronita, è più pessimista: «Lo fanno perché se non si elegge il presidente si cade nell’abisso e loro avranno bisogno di tutta la loro gente. C’è una nuova guerra alle porte, per questo tornano con le borse piene di soldi».
Il problema è da dove arrivino quei soldi. Se gli acconti del 2006 erano parte del patrimonio di Hezbollah garantito dai finanziamenti iraniani, questi nuovi pagamenti, materializzatisi dopo molti mesi di attesa, hanno un’origine più dubbia. Secondo l’imbarazzato Sanaa al-Jack, portavoce del governo di Fouad Siniora, quei dollari sono parte dei circa 570 milioni di dollari destinati da sauditi e altri governi arabi alla ricostruzione. I soldi donati al governo Siniora dai suoi alleati sunniti starebbero insomma finanziando l’opposizione sciita e filoiraniana di Hezbollah.
Ma non solo. A rimpinguare le casse del Partito di Dio contribuirebbero anche svariati rivoli dei 110 milioni di euro destinati dall’Unione Europea per progetti di assistenza non legati alla ricostruzione. Christiane Hohmann, portavoce della Commissione, nega stanziamenti per la ricostruzione, ma le agenzie incaricate di distribuire i soldi dell’Unione finanziano da oltre un anno numerosi progetti nelle zone del Partito di Dio.
Hezbollah avrebbe messo le mani su quei soldi grazie a un’abile, beffarda, ma apparentemente legale operazione di riciclo del denaro pubblico. L’inizio di tutto è Waad, la compagnia di mutuo soccorso messa in piedi dal Partito di Dio per realizzare la promessa ( “waad” appunto) del segretario generale Hasan Nasrallah di ricostruire tutto «presto e meglio di prima». A Dahiyeh, il quartiere meridionale di Beirut dove le bombe israeliane hanno sbriciolato il quartier generale di Hezbollah e 300 palazzi circostanti, Waad apre i giochi facendo firmare ai proprietari delle rovine una delega a intascare gli aiuti del governo.
Secondo Hassan Jishi, amministratore della Waad, deleghe e beneplaciti raccolti riguardano la ricostruzione di 213 palazzi su 300, per un totale di circa 3.700 unità tra appartamenti, negozi, uffici, magazzini e scuole. Calcolando che i fondi garantiti dal governo per la ricostruzione di ogni appartamento ammontano a 53mila dollari, l’operazioncina dovrebbe aver consentito l’accantonamento di 370 milioni di dollari in fondi pubblici.

Una fortuna che il Partito, o meglio la Banca di Dio, può decidere, a seconda di luoghi e situazioni, di investire, distribuire o regalare. In cambio ne ricaverà il ferreo e diffuso consenso indispensabile per mettere a segno l’ultima spallata al governo Siniora e avviare la scalata al potere.

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