C'è chi ha parlato di «harakiri» culturale, come il ministro dell'Agricoltura Luca Zaia. C'è chi, come la sua collega titolare dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, ha cercato di spiegare che «non si crea integrazione e non la si aiuta eliminando la nostra storia e la nostra identità». C'è chi, insomma, è preoccupato perché il Natale sta sparendo. Le frasi riportate sono state pronunciate dopo che il Corriere della Sera ha raccontato di una scuola di Cremona che ha deciso di sostituire la nascita del Bambin Gesù con un'ipotetica «Festa delle Luci», per decisione di un maestro secondo cui, in una scuola multietnica, con bambini di nazionalità e fede diversa, il Natale rischiava di urtare la sensibilità di qualcuno.
L'idea di base è sempre quella: prima togliere il crocifisso, poi abolire il presepe, poi non festeggiare nemmeno più il Natale. La polemica, bisogna ammetterlo, ha colto la scuola cremonese impreparata e l'ha lasciata sorpresa. E così la scuola elementare statale intitolata a Manzoni, si difende. «È una decisione presa anni fa da noi insegnanti insieme, d'intesa con i genitori e senza mai che ci fossero rimostranze - dice uno dei maestri, Eriberto Mazzotti - corrisponde alla nostra idea di ospitalità. Siamo una scuola interculturale. Abbiamo pensato alla Festa delle luci per non urtare le altre culture, senza comunque rinnegare il Natale». Per questo gli alunni, con un lumino in mano, invece di cantare «Tu scendi dalle stelle», «Venite Fedeli», «Bianco Natale» o la più internazionale «Jingle Bells», si esibiranno nel «Funga Alafia», un brano che arriva dal Ghana.
Una situazione tutta italiana, si potrebbe pensare. Invece no, proprio come il messaggio di Gesù era pensato per essere universale, il Natale sembra essere sotto scacco in tutto il mondo. Ad esempio, la direzione della «Haage Hoge School», nella tollerante e liberale Olanda, ha deciso che l'albero, e si badi bene, l'albero, nemmeno un simbolo prettamente religioso, che tradizionalmente svettava nell'androne dell'istituto, quest'anno non si doveva fare per rispettare il carattere internazionale dell'istituto frequentato per il 40% da studenti e docenti di diverse nazionalità. Fortunatamente la mobilitazione questa volta non è arrivata solo dal mondo politico, che pure ha partecipato, ma a scendere in campo sono stati gli stessi studenti dell'istituto dell'Aia, che ne conta ben 20mila spalmanti in diverse sedi: i ragazzi, insistendo per il mantenimento della propria cultura, hanno portato un nuovo albero alto cinque metri.
Ma non bastassero i simboli del Natale, c'è chi vorrebbe anche mettere in dubbio che possa essere una festa, perché i lavoratori facenti capo ad altre culture dovrebbero, secondo alcuni, avere come giorni di festa quelli corrispondenti alla loro religione e non il 25 dicembre. Un problema che tocca tutti, e dalla Manzoni di Cremona, passando per l'Olanda, arriva persino alla Casa Bianca, dove gli auguri di «buone feste» stanno arrivando assieme ad un mare di polemiche. Stretto tra presepio, candelabro ebraico e 27 alberi di Natale, il ritorno da Oslo del presidente Barack Obama è stato senza pace. Ebrei americani impermaliti per Hanukkah, la festa delle luci che comincia oggi, perché molti dei loro vip sono stati snobbati dalla lista degli invitati al party di quest'anno. Cristiani su tutte le furie per il presunto proposito quest'anno di far a meno del «bambinello».
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