Ma va, mica sono i diritti d’autore ad angosciarlo, quelli poi si vedrà. È proprio la sua canzone per com’è stata straziata: Onda calabra , già quella che Antonio Albanese ha prelevato e poi trasformato in un trailer (di clamoroso successo, lo vedete anche su YouTube) per lanciare il suo film Qualunquemente . Un tormentone di queste settimane. Però l’originale era un’altra cosa, ma proprio un’altra.E conoscendolo, Peppe Voltarelli, un artista puro e mai duro, un cosentino classe 1969 dalla voce malinconica che applaudono ovunque, pure nei club di Parigi, e guai se cede alla tentazione dei ritornelli mainstrean, laccati, insomma fighetti, figurarsi allora il poetico Peppe che faccia ha fatto quando ha ascoltato com’era stato trasformato il brano che nel 2002 compose con il suo gruppo di allora, «Il parto delle nuvole pesanti». Allibito, minimo. Purtroppamente. «Io sono rimasto senza parole ma, chi ama questa canzone, si è incazzato davvero e ho ricevuto una montagna di messaggi». Così ha scritto di getto una lettera ad Antonio Albanese (che ha pubblicato il quotidiano «Calabria Ora»). Urge un riassunto, però.
Lo faccia lei, caro Voltarelli.
«Mah, nello scorso luglio al nostro editore dalla produzione del film è arrivata la richiesta di poter utilizzare quella canzone ».
E la risposta?
«Va bene, poi ascolteremo il risultato. Almeno questa era la nostra intenzione».
Pare non sia andata così.
«Eh no, ci sono stati circa cinque mesi di silenzio».
Fino a dicembre.
«Più o meno intorno al 22, ascolto finalmente la versione definitiva fatta da loro. E rimango sorpreso».
Quantomeno.
«E mi ha sorpreso soprattutto il testo. Albanese ne ha fatto una sorta di parodia senza avvisarci. Io sono lontano da quel tipo di canzone. Diciamo che Cetto si è mangiato il vero significato di Onda calabra».
Che è? Lo spieghi.
«Questa canzone parla di immigrazione in modo che io credo sottile e poetico. L’onda calabra è una sorta di speranza, un modo di rappresentare noi calabresi in giro per il mondo. D’altronde,nella versione originale, il ritornello è in tedesco, quasi a rappresentare come parlano e cosa sognano i nostri immigrati là».
Cioè?
«Dice, tradotto in italiano,
“Onda calabra in Germania/ Una piccola, un gioco, un lavoro/ Il sole risplende da solo”. Capisce? Ora invece è una caricatura. Albanese e la sua squadra ne hanno fatto una sorta di caricatura».
Senza chiedervi il permesso.
«E ho ricevuto tanti messaggi di gente arrabbiata. Diciamo che lui li ha fatti davvero arrabbiare. In giro per il mondo voglio rappresentare una sorta di “calabresità sostenibile”, lontana dai luoghi comuni degli assassini, della ’ndrangheta, del malaffare. Perciò quel testo nuovo è così stridente con il mio. Figurarsi, ho sempre manifestato senza nessun dubbio, con le azioni e le canzoni, tutta la mia volontà antimafia».
Insomma, è arrabbiato con Antonio Albanese e la casa di produzione Fandango?
«Quel testo difende una calabresità che da anni combatto».
Ma ce l’ha con Cetto La Qualunque?
«Mannò, è un personaggio romantico, quasi anni Sessanta, che talvolta la realtà sembra persino superare. A me piace moltissimo, è bravo e completo».
Che cosa le hanno detto quando ha sentito la versione definitiva?
«Che ormai era tutto fatto e non si poteva cambiare nulla. E il 3 gennaio era già un tormentone su internet».
Ha chiamato Albanese?
«No».
Insomma la sua canzone è stata utilizzata e quindi, a prescindere dal consenso, adesso le spetteranno i diritti d’autore.
«Ma no, non mi interessano i soldi. Vorrei una sorta di risarcimento poetico».
Ossia?
«Mi piacerebbe immaginare un progetto per questa terra calabra, per sganciarla da quello che tutti pensano, dalle immagini degli omicidi davanti ai seggi elettorali, dal malaffare. Facciamo qualcosa per premiare i calabresi meritevoli e per accendere una luce di speranza in più».
Sono parole inconsuete. Di solito si chiedono solo le palanche, insomma i soldi.
«E io non voglio essere strumentalizzato in nessun modo.
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