«Una volta stavo in un paesino della Calabria e un candidato alle elezioni locali si è presentato sul palco con la foto della moglie dell'altro candidato e ha detto vedete questa è una buttana non potete votare a lui perché è un cornuto». Si diverte Antonio Albanese a raccontare le origini di uno dei suoi personaggi più famosi - quel Cetto La Qualunque che l'ha portato nell'Olimpo della comicità - alle decine di ragazzi assiepati nelle sale del Giffoni Film Festival in uno degli incontri più attesi della kermesse che ormai ha raggiunto una fama mondiale.
Nonostante la calura, i fan gli fanno domande a volte più interessanti degli adulti. Del resto qui siamo nella mecca del cinema dove ognuno di questi giovani sogna di diventarne parte in qualsiasi modo.
«Ma Cetto non si ispira a un personaggio in particolare - continua a raccontare l'attore -. È un insieme di politici che ho incontrato non solo in Calabria. Come quello che disse Sarò breve e circonciso e poi è diventato deputato. La mia è una rappresentazione della parte della politica del nostro Paese malvagia, stupida, improvvisata, ma non è tutta così intendiamoci. Io mi vergogno quando faccio Cetto. E aggiungo che oggi, lui pare pure superato, un moderato, un liberale».
E dove li è andati a pescare questi politici? «La mia famiglia viene dalla provincia siciliana emigrata al Nord per trovare lavoro, da loro ho sentito molto racconti e sono andato con i miei amici autori a sentire decine di discorsi elettorali».
E non bisogna avere la puzza sotto il naso. «Ragazzi dovete esplorare il mondo - esorta i giovani aspiranti attori in platea -: dovete frequentare i centri sociali come i circoli di intellettuali, l'operaio come il grande banchiere. Io a volte mi faccio invitare in serate orribili, dove c'è della gente così antipatica che si vede appena entri e vorresti scappare via, ma sono fonti di ispirazione pazzesca».
Ma ha mai avuto problemi con chi prende in giro, ritorsioni da chi si è sentito offeso, chiedono i ragazzi. «No, perché non prendo di mira una persona in particolare, penso che la comicità sia ridere con gli altri, non ridere degli altri, in modo da avvolgere il pubblico. Però a volte ho fatto arrabbiare, soprattutto le categorie, come i sommelier, senza capire che i miei personaggi sono omaggi». Anzi - rammenta Albanese - «qualche volta ho indispettito qualcuno della politica». «Interpretavo un intellettuale di sinistra che scambiava Che Guevara con Jovanotti e da quelle parti non l'hanno presa proprio bene. E un'altra volta che facevo un renziano che metteva tutto nell'iCloud: se mi avessero ascoltato magari non finivano così».
E a chi gli domanda quale tra i suoi film è quello che più gli è piaciuto, risponde quello che deve ancora uscire (a novembre), che non è una commedia. Si intitola Cento domeniche e affronta un argomento molto attuale, i crack finanziari: racconta di un operaio che investe in azioni tutto il suo tfr, il lavoro di una vita e perde tutto. «Un lavoro che mi riporta alle mie origini, a quelle della mia famiglia, girato a Olginate, in provincia di Lecco, nella fabbrica dove ho lavorato da ragazzo».
Una vita segnata la sua che, d'improvviso, senza cercarla, ha cambiato direzione. «Mio fratello mi ha portato a vedere uno spettacolo teatrale - spiega - è stata come una scintilla. Ho mollato tutto e mi sono iscritto all'Accademia d'arte drammatica Paolo Grassi di Milano, mi hanno preso, ho studiato con grandissimi maestri e mio compagno era Battiston. Poi mi hanno scelto per il mio primo film e da li è stato tutto stupendo: non ho mai dovuto interpretare un ruolo che non mi piaceva perché ho potuto permettermi di fare solo quello in cui credevo. E non lo dico per snobismo, ma perché è andata così».
E qui arriva l'invito ai giovani: «Non abbiate paura di essere giudicati.
Io ho cominciato a scrivere a trent'anni. E ancora adesso la comicità mi dà grande energia, come fosse il primo anno. Ricordatevi che il teatro, il cinema, la cultura sono luoghi sacri che ti danno la forza e la capacità di interpretare il mondo».
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