Albertoni: "Siamo sotto tiro, subito nuove regole"

L'arrembaggio ai megaycht, l'allarme del presidente di Ucina: è inammissibile considerare gli yacht come petroliere, il caso Briatore già costato un miliardo

Albertoni: "Siamo sotto tiro, subito nuove regole"

«Non entriamo nel merito del­­l’operazione di recupero gettito di cui condividiamo gli intenti, ma francamente ci pare assurdo sce­gliere il periodo di Ferragosto per perseguire controlli a tappeto nei principali porti turistici italiani. Le imbarcazioni sopra i dieci me­t­ri vengono tutte regolarmente im­matricolate in Italia e possono quindi essere controllate in qualsi­asi momento dell’anno. Un’opera­zione simile a Ferragosto apre so­lo contenziosi a lungo termine sen­za che vi sia alcun recupero di eva­sione. Strumentalizzazione facile, che ha certamente risonanza sui media ma che in realtà va solo a minare l’economia del territorio italiano». Il presidente di Ucina-Confindu­stria Nautica, Anton Francesco Al­bertoni, è decisamente amareggia­to. Ma, suo malgrado, commenta così gli ultimi arrembaggi della Guardia di Finanza ai megayacht di Vasco Rossi e Massimo Boldi. E aggiunge: «È un danno enorme per uno dei pochi settori in Italia che esporta e dà lavoro a migliaia di persone». «Non vogliamo - ribadisce con forza il numero uno della nautica italiana- essere additati come pro­­tettori degli evasori. Ma operazio­ni di questo tipo, condotte alla vigi­lia dei grandi appuntamenti inter­nazionali del settore, come i salo­ni di Cannes e di Genova, sono de­­leteri per l’immagine di un settore tra i più apprezzati nel mondo. In­vece di iniziative spettacolari co­me questa - prosegue con disap­punto - occorrerebbe mettersi se­riamente al lavoro e rivedere la normativa fiscale delle società di charter,armonizzandola con quel­­la di nazioni contigue all’Italia, co­me Francia, Spagna o Croazia. Le norme italiane sono lacunose, si prestano a interpretazioni che da un lato favoriscono l’evasione e dall’altro alimentano contenziosi che spesso sfociano nel nulla. Do­po il caso Briatore, che secondo Fe­deragenti h­a provocato una perdi­ta di un miliardo di euro per il char­ter, ora arriva quest’altra mazzata che farà scappare all’estero quei pochi diportisti rimasti in Italia». Già, il caso Briatore. Risoltosi in un beato nulla, tanto che il «Force Blu» è in libera navigazione. Il presidente Albertoni, tra l’al­tro, sottolinea: «C’è un dialogo aperto con l’Agenzia delle Entrate e delle Dogane. Sul tavolo la no­stra disponibilità e la nostra espe­rienza per correggere le storture sia tecniche sia fiscali. Occorre pe­rò fissare dei parametri, chiari. Il 75% del mercato mondiale del charter è nel Mediterraneo e le co­ste francesi, spagnole, greche o croate sono solo a poche miglia da noi. Vogliamo far sparire dall’Ita­lia le ultime barche rimaste? La ri­sposta ai nostri continui appelli è un assordante silenzio che avvol­ge il settore in questo momento. Chiediamo con forza che la politi­ca, e in particolare il ministro del Turismo, Michela Vittoria Bram­billa, si renda conto dei valori che sono in gioco».

Come dargli torto! Abbiamo nor­mative - unico Paese al mondo ­che considerano le navi da dipor­to alla stressa stregua delle petro­liere. Tutto questo non è solo ridi­colo, ma - omaggio al politically correct - «irricevibile».

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