Allarme in Iran, bomba sull’aereo di Khatami

Bomba dopo bomba, gli iraniani rischiano di votare in un clima d'autentico terrore. C'è poco da scherzare nella Repubblica islamica: il vecchio ordine e la santa disciplina khomeinista sembrano fantasmi del passato. Per capirlo basta dare un occhiata alle cronache assai violente e sanguinose di questi ultimi giorni di campagna elettorale. A meno di dieci giorni dalle presidenziali del 12 giugno si contano già un attentato suicida con almeno 25 morti a una moschea, e un tentato sabotaggio con tanto d'ordigno infilato nella toilette all'aereo su cui, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe dovuto viaggiare l'ex presidente riformista Mohammed Khatami. E come se non bastasse, ieri a Zhedan, la stessa città della strage alla moschea, cinque persone sono morte in seguito ai violenti scontri tra sunniti e sciiti conclusi da un assalto incendiario alla fondazione finanziatrice della campagna elettorale del presidente Mahmoud Ahmadinejad. A confermare la situazione di particolare allarme arriva l'appello della Suprema Guida Ali Khamenei che ieri ha invitato a vigilare contro i tentativi di alcuni gruppi impegnati nel tentativo di dividere il Paese.
La notizia più inquietante per le sue implicazioni è quella della sospetta bomba contro l'aereo su cui sarebbe dovuto salire Khatami. L'ex presidente riformista al potere dal 1997 fino al 2005 è oggi lo stratega della campagna di Mir Hossein Moussavi, l'ex primo ministro degli anni ’80 considerato il più pericoloso avversario di Mahmoud Ahmadinejad. Il fallito attentato viene scoperto domenica quando un aereo della compagnia con 140 passeggeri a bordo rientra all'aeroporto della città di Ahvaz pochi minuti dopo il decollo. E i servizi di sicurezza saliti a bordo confermano immediatamente il ritrovamento di un ordigno rudimentale nascosto in una delle toilette. Il presunto complotto anti-Khatami, liquidato originariamente come un'operazione di sabotaggio da fonti dei servizi di sicurezza, viene alla luce ieri.
Il sito Yari News, vicino all'ex presidente riformista, rivela infatti che l'ex presidente, arrivato domenica ad Ahvaz per una tappa della campagna elettorale, avrebbe dovuto usare il volo della Kish Air per rientrare a Teheran. In assenza di particolari e rivendicazioni ben poco è ovviamente chiaro. L'unica certezza è la turbolenta fama di Ahvaz. La città è il capoluogo del Kuzhestan, la regione cuore della produzione petrolifera abitata in maggioranza da popolazioni arabe sunnite dove dal 2005 si registrano attentati e stragi. Gli attentati rivendicati dal gruppo al qaidista Jundallah (Soldati di Dio) sono, secondo Teheran, il frutto di un complotto dei servizi segreti americani e inglesi colpevoli di armare e addestrare i fuoriusciti iraniani sunniti basati in Pakistan.
I «soldati di Dio» di Jundallah avrebbero organizzato anche l'attentato suicida alla moschea di Zahedan costato la vita lunedì a 25 fedeli sciiti. Ed estremisti sunniti vicini all'organizzazione terroristica hanno guidato guidato ieri, sempre a Zahedan, il devastante assalto conclusosi con l'incendio di una fondazione, la morte di cinque suoi impiegati intrappolati tra le fiamme e il ferimento di una ventina di civili. «Alcuni delinquenti guidati da agenti del nemico pagati per dividere i musulmani stanno cercando di creare un clima d'insicurezza a Zahedan», ha ammesso il vicecapo della polizia Ahmad Reza Radan. Dopo la strage alla moschea le forze di sicurezza avevano fatto sapere di aver catturato, giudicato e già impiccato tre responsabili dell'attentato suicida.

Secondo un comunicato diffuso da Jundallah i tre presunti colpevoli spediti al patibolo erano invece già in carcere e non avevano alcuna relazione con la bomba. Sempre a Zahedan, alcuni uomini armati hanno sparato contro il centro elettorale gestito dai sostenitori del presidente Ahmadinejad ferendo due persone tra cui un bambino.

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