Il pugile biologicamente uomo è nel circuito femminile. Delirio woke alle Olimpiadi

Imane Khelif ha cromosomi XY, ma gareggerà contro le donne: le Olimpiadi di Parigi sono pronte a far rischiare la vita alle atlete che sfideranno il pugile

Il pugile biologicamente uomo è nel circuito femminile. Delirio woke alle Olimpiadi
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Giovedì 1 agosto l'italiana Angela Carini, una delle pugili più brave del panorama italiano, salirà sul ring olimpico e incrocerà i guantoni con Imane Khelif, pugile dell'Algeria. La boxe femminile è uno sport di nicchia, quindi il suo nome non è particolarmente noto ai più, ma tra gli addetti ai lavori c'è grande fermento e indignazione per la sua partecipazione. Il motivo? "Finge di essere donna", così ha dichiarato Umar Kremlev, il presidente dell’International Boxing Association (Iba), a seguito dei test del dna per la determinazione del sesso a cui sono obbligatoriamente sottoposti i pugili. Test che, infatti, hanno di fatto escluso Khelif dal mondiale di boxe in quanto dal suo dna è emersa la presenza di cromosomi XY, tipici del sesso biologico maschile.

Di fatto, è un uomo. Ma in nome dell'inclusione a tutti i costi, le Olimpiadi di Parigi 2024 ammettono nel circuito femminile un pugile che si identifica come donna. Come è possibile? Semplice, bypassando l'Iba e creando una commissione ad hoc, la Boxing Unit di Parigi 2024, che dà molta libertà ai Paesi di valutare i propri atleti ma, soprattutto, perché alle Olimpiadi non vengono effettuati test sul sesso. Imane Khelif si sente una donna? Benissimo, può salire sul ring e prendere a pugni le malcapitate avversarie nel tentativo di agguantare l'oro. E allora a queste Olimpiadi nel nome dell'inclusione e del buonismo all'Arena Paris Nord il pubblico sarà chiamato ad applaudire un uomo biologico che malmena una donna. "Questa è la Francia", diceva con orgoglio Emmanuel Macron durante la cerimonia di apertura che ha offeso miliardi di cristiani nel mondo. Dirà lo stesso per lo spettacolo che si prospetta nell'incontro tra Khelif e Carini?

Il pugno di un uomo biologico è circa il 160% più forte rispetto a quello di una donna biologica e gli effetti di questa potenza si sono osservati sul volto di Brianda Cruz, una delle ultime pugili che ha affrontato Khelif prima della squalifica dai mondiali. "I suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, né nei miei sparring con gli uomini. Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva, ed è bello che finalmente se ne siano accorti", ha raccontato subito dopo la sconfitta. Dopo essere state sostituite dalle trans e drag queen in molti contesti, vedasi la stessa cerimonia di apertura, le donne biologiche se vogliono partecipare alle Olimpiadi devono pagare lo scotto di sottoporsi al pestaggio di un uomo.

Hanno uno strano concetto di uguaglianza dalle parti della Parigi woke. "Uno schiaffo all'etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi", è stato il commento di Matteo Salvini. E c'è già chi chiede che le pugili biologicamente donne rinuncino in massa a competere con Khelif, ma anche con Lin Yu-Ting, pugile nella stessa situazione dell'algerino.

Certo, vorrebbe dire rinunciare al sogno olimpico dopo tanta fatica, ma vale la pena rischiare la vita per una medaglia? Cruz, dopo aver combattuto con Khelif, è stata chiara: "Grazie a Dio quel giorno sono uscita dal ring sana e salva". E se un'altra pugile non avesse la stessa fortuna?

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