Allarme rosso per la terza bomba degli anarchici

Dopo Francoforte e Roma, il terzo pacco bomba spedito dagli anarchici insurrezionalisti della Federazione anarchica informale (Fai) potrebbe esplodere a Milano. Lo aspettano gli investigatori della Digos dopo aver avuto la certezza che l’ordigno arrivato ieri mattina al direttore generale dell’agenzia Equitalia della Cecchignola, nella capitale, era partito dal capoluogo lombardo, come dimostra il timbro postale. Esattamente come quello giunto giovedì al presidente della Deutsche Bank, Josef Ackermann.
Nel mirino degli anarchici insurrezionalisti - gruppi clandestini che non riconoscono un centro di potere e hanno un concetto di gruppo molto orizzontale, particolare che rende assai difficile individuarli e indagare su di loro - come sempre ci sono gli edifici simbolo del potere economico e finanziario della città. La spedizione multipla di pacchi è tipica del loro stile: nel dicembre 2009, dopo un pacco bomba inviato al Centro d’identificazione ed espulsione di Gradisca d’Isonzo (Gorizia), in una rivendicazione giunta al quotidiano «Libero», gli anarchici del Fai indicavano l’esistenza di un altro ordigno bomba all’università Bocconi di Milano contenente due chili di dinamite collegati a un timer e collocato in un’intercapedine tra uno sgabuzzino e un corridoio sotterraneo. Si scoprì così che nell’ateneo (obiettivo atipico per gli anarchici insurrezionalisti che, nella rivendicazione, però, avevano avvertito: «Colpiremo dove meno ve lo aspettate») l’ordigno aveva fatto cilecca.
Così, anche se finora il Fai - teoricamente contrario a colpire con i propri gesti dimostrativi le persone, se non spaventandole con ferite di non grande entità - non ha mai fatto morti, ieri è scattato un improvviso giro di vite per tutti i sistemi di sicurezza. Primi fra tutti i grossi centri commerciali affollati per lo shopping natalizio. Ma anche la Borsa di piazza Affari o banche come Intesa o Barclays, già colpite in passato dalla Fai, fino alla sede di Assolombarda in via Pantano.
In particolare tutti i megastore più centrali della città, in questi giorni presi d'assalto per le feste, oltre alle solite uscite di sicurezza, hanno «rispolverato» quelle, di solito decisamente meno utilizzate, dei sotterranei, che arrivano fino a meno due piani: in caso di un eventuale pericolo, infatti, queste uscite sono le uniche a condurre direttamente il personale e i clienti alla metropolitana. Tra questi grandi magazzini, i megastore e i bar appartenenti a grosse catene, in particolare quelli che si affacciano su piazza Duomo, corso Vittorio Emanuele II e piazza San Babila.
Il concetto di centro sociale non appartiene all’area anarco-insurrezionale di per sé clandestina e quindi non riconducibile a uno specifico punto di riferimento.

Negli anni gli investigatori milanesi hanno individuato elementi isolati facenti capo a qualche centro, in particolare il Villa Litta di via Litta Modignani, ma anche qualche appartenente alla Panetteria di via Conte Rosso, al Cox di via Conchetta e al circolo Malfattori di via Torricelli, ma nulla di più.
Appartenenti a questa area sono sicuramente i giovani arrestati a Firenze dopo i gravi incidenti avvenuti a Roma nel corso della manifestazione degli indignati di sabato 15 ottobre.

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