Via alle grandi manovre Politica e poteri forti su 150 posti di comando

Entro fine marzo vanno rinnovati i vertici di Eni, Enel Finmeccanica, Poste e altre società: valgono il 16% del pil. Dopo il valzer si capirà la forza della maggioranza e le nuove ambizioni di Lega e Udc

Via alle grandi manovre 
Politica e poteri forti  
su 150 posti di comando

Per la fine di marzo i giochi devo­no essere fatti. Non manca molto, dunque: qualche settimana, poi la partita dei rinnovi al vertice dei maggiori gruppi industriali pub­blici e di alcuni big privati entra nel vivo. È un tema di cui si parla poco, ma che sta bene in vista nelle agen­de riservate della politica. An­che perché non capita tutti gli anni una stagione che preve­de la nomina di 150 ammini­­stratori di società pubbliche ­o private ma strategiche per il Paese - in scadenza con le as­se­mblee di bilancio in calenda­rio per lo più tra il 20 e il 30 apri­le (ma le liste dei nuovi cda de­vono essere presentate 20-30 giorni prima). È un esercitino di amministratori delegati, presidenti, consiglieri e sinda­ci in scadenza, calcolati con­tan­do anche quelli delle socie­tà controllate più significative.

I rinnovi cadono nel bel mez­zo dell’attuale legislatura. Ma in questa fase politica assumo­no un rilievo speciale. Primo perché rappresentano una fet­ta del potere economico e fi­nanziario del Paese. Secondo perché sono un bel po’ di pol­trone pesanti da assegnare, vuoi per rafforzare l’attuale maggioranza di governo, vuoi per allargarla a nuove compo­nenti quali l’Udc. Vuoi per sod­disfare le richieste di maggiore rappresentanza della Lega Nord, vuoi per misurare la te­nuta del rapporto tra Berlusco­ni e Tremonti. Cioè tra Palazzo Chigi, che da sempre ha l’ulti­ma parola sulle nomine, e il mi­nistero del Tesoro, che detie­ne la quota di riferimento nel capitale delle società in que­stione. Da Tremonti dipende, tra l’altro, anche la Cassa De­positi e Prestiti, a cui da poco fa riferimento il pacchetto del 26,3% dell’Eni. E di cui andrà rinnovato il presidente, oggi Franco Bassanini, espresso dall’opposizione. In gioco non c’è solo qualche strapunti­no, ma la gestione del 15-16% del Pil nazionale, da cui dipen­de un bacino di mezzo milio­ne di dipendenti. Tanto valgo­no Poste Italiane, Eni, Enel, Finmeccanica, Terna, Tele­com, Edison. A cui si somma­no varie controllate quotate in Borsa (come Ansaldo Sts o Sai­pem), e altre non quotate.

Solo le Poste rappresentano un gruppo di 155mila lavorato­ri, distribuiti in 14mila sportel­li. Un blocco sociale da 9 anni nelle mani di Massimo Sarmi , manager che nasce finiano, ma che ha saputo trovare la sti­ma sia di Berlusconi, sia quella di Tremonti, al quale ha dato il pieno e incondizionato appog­gi­o per la Banca del Mezzogior­no. Se la può giocare. Con Eni, Enel e Terna si entra nel setto­re dell’energia, perno delle po­litiche di sviluppo nazionali e pure della politica estera.

È il fulcro della partita, per­ché a differenza delle Poste queste sono società quotate, le aziende più potenti da gestire. Paolo Scaroni , ad dell’Enel, guida da 6 anni il primo grup­po nazionale. Il suo rinnovo è assai probabile, anche se non sono mancate pesanti mano­vre di disturbo legate alle rive­lazioni di Wikileaks sui dubbi americani nei rapporti Eni-Gazprom, spunto per alcuni articoli al vetriolo del Corriere delle Sera. Segno che tra i pote­ri della finanza che controlla­no il quotidiano milanese si ce­la qualche appetito sul cane a sei zampe. Ma Scaroni gode della piena fiducia del gover­no. Più facile invece che si libe­ri la casella della presidenza, occupata da Roberto Poli da 9 anni, un periodo considerato sufficiente per un cambio non traumatico. Stesso discorso va­le per Piero Gnudi , il presiden­te dell’Enel. Mentre il suo ad, Fulvio Conti , pur candidato naturale per l’Eni,dovrebbe fa­cilmente restare al suo posto, forte della trasformazione del gruppo in multinazionale del­l­’energia.

Per l’ad di Terna, invece, lo stimato Flavio Cattaneo, che ha portato le azioni Terna da 2 a 3,3 euro in tempi di crisi fi­nanziaria, si prepara un’upgra­ding che, in questo schema, potrebbe riguardare la Finmeccanica, dove l’attuale numero uno, Pierfrancesco Guarguaglini, tra tutti i mana­ger di Stato app­are il più debo­le per le note vicende giudizia­rie che lo riguardano. Dal futu­ro assetto di Finmeccanica di­s­cende l’intera filiera dell’aero­nautica, civile e militare, italia­na. Selex, Agusta Westland, Alenia Aeronautica sono le controllate da cui dipendono altre milionarie commesse del gruppo. Anche il presidente di Terna, Luigi Roth , è candida­to per il colosso della difesa, nella casella presidenza.

Ci sono poi società non pub­bliche ma strategiche. Tele­com, per esempio, con un cda di 15 membri in scadenza: con­trollata dal pool Generali-Me­diobanca- Intesa, la società che detiene la rete delle tlc è guidata da Franco Bernabè e controlla, tra l’altro, La7 , la ti­vù del Tg che con Mentana ha trovato un nuovo peso politi­co. Una quota rilevante è dete­n­uta dagli spagnoli di Telefoni­ca. Per questo il rinnovo o me­no di Bernabè significa anche decidere a quale manager affi­dare il futuro della rete e della stessa proprietà di Telecom.

Discorso in parte analogo per Edison, società attiva nel­l­’energia e con un ruolo nel nu­cleare, il cui assetto dipende dal rapporto con il socio Edf, partecipato dallo Stato france­se e dunque coinvolto nelle complesse partite bilaterali tra Roma e Parigi.

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