Gentile Direttore,
a Milano una scena già vista: un barista subisce una rapina e insegue e ammazza il ladro. Un piccolo particolare però rende questo episodio diverso da altri simili: il commerciante è cinese, il ladro è italiano, quindi non un immigrato, magari irregolare, che viene in Italia per delinquere.
Questa storia smentisce una certa narrazione di destra, forse un po' razzistica, che vorrebbe i migranti ladri, rapinatori, scippatori e i cittadini della penisola vittime di gentaglia venuta da fuori. Cosa ha da dire in proposito?
Davide Marino
Caro Davide,
quindi tu ritieni che sia dominante in Italia una visione di tipo razzistico, alimentata dalla destra, fondata sul pregiudizio che i migranti delinquano e che gli italiani, che sarebbero di conseguenza razzisti in quanto persuasi che gli extracomunitari si diano volentieri e di frequente al crimine, ne abbiano abbastanza. E sostieni che questa storia, quella del barista cinese che esasperato ammazza con le forbici il ladro italiano, contraddicendo uno stereotipo diffuso, sia una sorta di inconfutabile prova che, da un lato, smentisce le nostre convinzioni, dall'altro, smentendole, mette a nudo il nostro razzismo.
Perdonami, ma non sono affatto d'accordo. Io sono abituato a ragionare sui dati e a non tirare le somme analizzando il caso singolo, che tuttavia non intendo affatto sminuire, esso è alquanto indicativo. Indicativo sai di cosa? Non del fatto che siamo razzisti, ma del fatto semmai che non lo siamo, che l'accusa mossa dai progressisti contro il popolo italiano è assolutamente falsa e infondata. Se fossimo razzisti, ci saremmo schierati in difesa del ladro assassinato poiché italiano e contro colui che lo ha macellato poiché cinese, dunque extracomunitario.
Non siamo esasperati dagli immigrati, siamo esasperati dalla delinquenza dilagante, sia quando i suoi autori sono italiani sia quando sono non italiani. Questo avvenimento ne è testimonianza.
Va da sé che il barista, come è giusto che sia, subirà un'indagine e un processo in quanto ha ucciso un uomo, quantunque questi lo stesse derubando, con una ventina di forbiciate, ma i milanesi hanno mostrato di comprendere il sentimento di esasperazione e di frustrazione provato dall'esercente che ha rincorso il criminale e lo ha colpito, non lo hanno giudicato impietosamente per avere tolto la vita a un italiano. Insomma, razza e razzismo non c'entrano un bel niente quando si pretende il rispetto della legalità, delle regole, della legge. Il sentimento di ostilità e di stanchezza nei confronti degli irregolari, sentimento che la sinistra chiama «razzismo», l'opposizione all'accoglienza indiscriminata di chiunque, la quale conduce inevitabilmente ad una crescita di questo genere di reati, non dipendono dal colore della pelle o dalla provenienza, bensì dalla constatazione che, dati alla mano, i migranti delinquono di più, incontrando gigantesche difficoltà ad integrarsi, ad inserirsi nel tessuto della comunità.
Accogliere senza potere garantire questo inserimento lavorativo e sociale è un pericolo. Lo abbiamo fatto per lustri, mossi dall'idea folle e ipocrita che i migranti ci avrebbero pagato le pensioni e che più ne avremmo incamerati e più saremmo stati prosperi, e questi sono i risultati: città insicure, lievitazione di furti, rapine, stupri, accoltellamenti, aggressioni in strada.
Noi non ce l'abbiamo con i migranti, ma con coloro che non ci
consentono di campare e di lavorare sicuri nelle nostre metropoli e nei piccoli centri urbani. Noi ce la prendiamo con chi ci fa vivere nella paura, sia questi bianco o nero o giallo o verde, strappandoci serenità e benessere.
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