Gianfranco Fini in politica ha sempre brillato non tanto perché avesse un pensiero preciso; ma perché pur non avendolo era capacissimo di esprimerlo. È una dote anche quella.
Perché lo diciamo? Così. Per parlare. Come fa lui.
E parlando del niente, ma dicendolo benissimo, Fini l'altro giorno è intervenuto addirittura sulla legge che rende la maternità surrogata un reato universale; bocciandola. «Questa legge è un manifesto del conservatorismo. La destra dovrebbe avere una maggiore apertura sui diritti civili». Detto da uno che nel '74 era dirigente del movimento giovanile di quel Msi che sostenne l'abrogazione del divorzio.
Ma il problema non è neppure l'errore, che in politica è molto frequente. Ma il tradimento, che è odioso.
Come Alessandra Mussolini, o Elio Vito, o Flavia Perina tutta gente la cui fedeltà brilla per l'assenza Fini nell'ultimo decimo della sua parabola politica si mette a fare l'elogio di ciò che per i restanti nove decimi ha disprezzato o ignorato. Il destino di tutti quelli che per una vita sono stati più a destra della destra, poi una volta distrutta la destra sono transitati a sinistra della sinistra, e lì adesso spiegano alla destra come comportarsi per essere più accettati dalla sinistra.
Vabbè. Ma poi, chissenefrega. Montecarlo è una città
bellissima.
Ah, Fini ha detto anche un'altra cosa. «Sta alla politica liberarsi di chi ha fatto cose inopportune».
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