Un’altra débâcle (meno 13%). Per gli analisti di Citigroup prezzo ancora sovrastimato: 0,4 euro quello «giusto» Alitalia crolla e in Borsa vale un euro

Critiche alle previsioni del piano di Cimoli e timori che l’utile slitti al 2007

Paolo Stefanato

da Milano

Il pesante giudizio espresso su Alitalia dalla banca d’affari americana Citigroup ha contribuito ieri a un nuovo crollo in Borsa per titoli e diritti: i primi hanno perso il 13,7%, precipitando a 1,05 (continuando a scendere nel dopo-Borsa), i secondi hanno nuovamente dimezzato il proprio valore, meno 50,2% a 0,49 euro (dall’inizio dell’aumento hanno perso oltre l’80%). Giù del 23%, a 0,02, i diritti sui bond. La capitalizzazione della società guidata da Giancarlo Cimoli ha visto sfumare il 40% del suo valore dall’inizio dell’anno, il 30% in due settimane. Tecnicamente, il valore dell’opzione valuta implicitamente l’azione 0,88 euro, quando la chiusura in Borsa è stata ancora sensibilmente superiore. I due valori tenderanno, nei prossimi giorni, ad allinearsi. Ieri il cda di Air France ha preso in esame la partecipazione all’aumento di Alitalia, ma la decisione non è stata comunicata.
Gli speculatori, attivissimi in questi giorni, ieri hanno trovato nuove motivazioni di pressione nello studio diffuso da Citigroup, che dà un giudizio rovinoso sulla compagnia. Per la banca d’affari il titolo dovrebbe valere 0,4 euro e dovrebbe, dunque, più che dimezzarsi. Su quali motivazioni la banca d’affari basa le proprie convinzioni? Nel report sottolinea come la compagnia sia di fatto «in ristrutturazione» dal 1994 e come questa sia costata agli azionisti circa 2,4 miliardi di aumenti nel 1998 e nel 2002 e allo Stato, oltre alla quota spettante negli aumenti, altri 2 miliardi di aiuti nel 1996 e nel 1997. Nei suoi 47 anni, sottolineano gli esperti, la compagnia non ha praticamente mai prodotto un utile netto, limitandosi a un risultato operativo positivo nel periodo 1993-1998. Abbastanza, insomma, da tenere lontani gli investitori, soprattutto alla luce delle prospettive marcate dai costi del greggio, dalla minaccia terrorismo, dalla crescente competizione di altri vettori (in particolare low cost), dalle tensioni sindacali.
Nel 2005 Alitalia dovrebbe dimezzare la perdita operativa a circa 210 milioni. Ma il dato avrebbe potuto essere migliore se la compagnia non avesse perso circa 400 milioni a causa del rincaro del greggio nei confronti del quale non era protetta, a differenza di quasi tutti i concorrenti. Nel 2006 Alitalia dovrebbe, sempre secondo Citigroup, raggiungere un risultato operativo positivo, ma a causa degli interessi sul debito stimati in circa 66 milioni, è probabile che anche il prossimo esercizio si chiuda in perdita. Per il 2007 gli esperti ipotizzano che Alitalia riuscirà a riportare il proprio margine operativo intorno al 3% (la media degli ultimi anni) così da chiudere con un utile per azione di circa 4 centesimi su ricavi stimati a 4,9 miliardi.

Ed è partendo da questo numero che gli analisti di Citigroup hanno calcolato il target price, applicando un multiplo di 10 volte l'Eps (utile per azione), un valore medio per le compagnie aeree. Quindi il target di 0,4 euro, secondo Citigroup, sarebbe un livello raggiungibile solo nel 2007 quando Alitalia dovrebbe riportare un utile operativo.

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