L'Inter ricattata sui biglietti. "Razzi, lanciarazzi, macello. Qua facciamo Baghdad"

Minacce al club da Boiocchi, poi ucciso. E il potere passa a Beretta e a Bellocco: "Skriniar tremava..."

L'Inter ricattata sui biglietti. "Razzi, lanciarazzi, macello. Qua facciamo Baghdad"

«Facciamo manicomio! Facciamo manicomio! Razzi! Lanciarazzi!il Macello! Sembra Baghdad!». Parola di Andrea Beretta, capo storico degli ultras dell'Inter, finito con altri quindici boss e gregari delle due curve del «Meazza» nella retata di polizia e Guardia di finanza scattata ieri mattina su ordine della Procura. Nelle oltre 500 pagine dell'ordinanza di custodia, emerge un quadro drammatico della penetrazione criminale nelle tifoserie ultras milanesi. Ma a colpire è soprattutto il rapporto di sudditanza che l'Inter dimostra nei confronti dei violenti delle curve.

IL MISTER E IL CAPOCURVA

Simone Inzaghi parla con Marco Ferdico, ras della Nord nerazzurra, che minaccia il silenzio durante la finale di Champions se il club non passa altri biglietti. «Allora Marco io ti dico, leggo il messaggio che la curva non canta a una finale e io mi sono imbestialito, non con voi, con la società, c'erano lì chi sai tu della società, ho detto cercate di sistemare sta roba perché non esiste", questo è stato il mio appello Marco». E ancora: «Parlo con Ferri, Zanetti, con Marotta, è lui che ha l'ultima parola». E i biglietti arrivano.

GITA ALLA PINETINA

Il 24 gennaio 2023 Ferdico e il suo vice Mauro Nepi vanno alla Pinetina per incontrare Inzaghi e il capitano Milan Skriniar. Il dirigente Massimiliano Silva gli scrive «la società ha detto che è meglio che non venite, mi ha detto che sarebbe meglio che vi incontrate in un altro posto». A mettere il veto all'incontro è stato Marotta, «per evitare l'attenzione mediatica». Inzaghi scrive a Nepi «ciao Mauretto, sono qui ad Appiano che sto aspettando mio padre che viene da Piacenza, ti do un abbraccio grande Mauretto». Con Skriniar i due capicurva si vedono ugualmente per chiedergli conto del suo trasferimento a Parigi, «gli tremava la voce, aveva un po' di paura», commentano poi i due.

UN NORMALE DIVERBIO

«Io non ho mai ricevuto minacce e, che io sappia, nemmeno i miei colleghi», dichiara ai pm Claudio Sala, responsabile della sicurezza dell'Inter. I pm allora gli fanno ascoltare una sua conversazione con Vittorio Boiocchi, capo della Curva (assassinato il 30 ottobre 2022) che gli dice «adesso cambiamo tattica, adesso le cose ce le prendiamo per forza, e poi vediamo cosa succede». Risponde Sala: «A mio avviso si è trattato di un normale diverbio».

«PRENDO IL MARTELLO»

Tra i pochi dirigenti Inter che non accettano le pretese degli ultrà c'è Luca Innocenti. Renato Bosetti, altro veterano della Nord, reagisce così: «Io sono presidente di Inter Club e posso andare a parlare con Luca Innocenti e nessuno mi può dire niente! Non mi vogliono vedere perché prendo il martello e gli sfondo la testa con un martello a sto coglione... sto pezzo di merda».

SERVONO AZIONI

Il 9 febbraio 2020 Beretta se la prende con gli ultras troppo accomodanti con la polizia e la società: «Ma non avete capito allora? Che bisogna far manicomio? Bisogna fare delle azioni. Bisogna buscar la gente! Deve volare sangue, denti! Sennò non contiamo un cazzo! Hai capito? Quello bisogna fare! Invece voi fate sempre sì sì».

PECCATO, CAVOLO

Al Meazza arriva il Benfica, il nuovo capo della Curva, Marco Ferdico, eletto al posto di Boiocchi, prepara l'assalto ai tifosi avversari che va in fumo per la presenza della polizia. «Stasera, se non arrivavano questi, li facevamo nuovi. Sai cosa succedeva in quel McDonald's con quelle chiavi inglesi e quei ferri che avevamo? Peccato, cazzo! Con quei bastoni di legno li ammazzavamo come cani».

LO SPACCHIOSO CALABROTTO

Lo scenario cambia quando entra in scena l'unico mafioso conclamato della vicenda, Antonio Bellocco, calabrese di Rosarno. Bellocco si presenta così parlando con Andrea Beretta, che lo ucciderà il 3 settembre scorso al termine di un litigio: «Io sono troppo movimentato, picchio, picchio e scasso! Io allo stadio alla Reggina per 10 anni. gli ho spaccato tutto, pure i treni, gli abbiamo allagato i treni».

IL GIARDINO DI MIA FIGLIA

Del business dei parcheggi, da sempre controllato dagli ultrà, si impadronisce l'imprenditore Gherardo Zaccagni grazie alla protezione dei clan calabresi. Quando Boiocchi esce dal carcere torna a bussare cassa ma gli va male. Dice Giuseppe Caminiti, collegamento tra Zaccagni e i clan: «Quando lui ha preso in mano la curva, gli ho detto io non voglio sapere un cazzo di curva, io non voglio un centesimo dalla curva... Non venite a bussare alla porta per i parcheggi... quello è il giardino di mia figlia». A perorare la causa di Boiocchi arriva anche Bosetti ma senza successo: «Fratello - gli dice Caminiti - io ti voglio bene, ci conosciamo da quando siamo bambini, ma a me di lui non me ne fotte un cazzo, né di lui, né della moglie, né di nessun'altro ... mi dispiace, si puzzassero di fame».

LA CURVA CONQUISTATA

L'arrivo al Nord di Bellocco, col suo potenziale criminale, segna la fine della contesa per l'egemonia nella curva interista. Ferdico gli dice: «Fratello, mi hanno detto che hai le palle più grandi di due palle da bowling, li ha schifati tutti».

Risponde Bellocco: «E ancora non le hanno viste bene però... li sfondiamo fratello!». Ma il 3 settembre, in un auto davanti a una palestra di Cernusco. Il calabrese Bellocco e il milanese Beretta litigano. E finisce come sappiamo.

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