Era prevedibile che accadesse. Talmente prevedibile che la domanda sventola sacrosanta accanto ai cinque cerchi: come hanno solo potuto immaginare di farla franca gli alti dirigenti e le teste coronate dell’olimpismo che questa settimana celebrerà la sua quadriennale messa cantata dello sport più sport di tutti? Era ovvio che, non appena aperto, il villaggio olimpico con la retorica dei ragazzi di tutto il mondo vicini vicini, come è bello il villaggio e come si sta bene nel villaggio, avrebbe fatto strabuzzare gli occhi la presenza di Steven van de Velde, il 29enne atleta olandese di beach volley, condannato nel 2016 a quattro anni di carcere per lo stupro di una ragazzina di 12 anni (nel 2014). Se il gravissimo reato indigna e ferisce, stupisce invece la cecità di chi in questi mesi ha sventolato al mondo le prime olimpiadi della parità di genere finalmente raggiunta, dei 12500 atleti, 5250 donne e 5250 uomini. Obiettivo certamente importante, di cui andare orgogliosi, anche se qualcosa di elementare Watson sembra essere sfuggito a chi comanda in questa chiesa dello sport più sport di tutti. Possibile che nessuno abbia compreso che non c’è nulla di meno paritario, rispettoso nei confronti dell’altra metà del cielo, delle nostre madri, sorelle, mogli, figlie di consentire a un condannato per stupro di partecipare, competere ed essere alle olimpiadi? Ha pagato la sua pena, vero.
Ma ci sono reati per cui il fine pena mai è morale. Comunque, le 5250 atlete donne e le milioni di appassionate davanti alla tv stiano tranquille. $ stato subito punito: durante i Giochi il ragazzo non sarà al villaggio, andrà in un alloggio poco fuori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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