La verità sul compagno Gino, quel coraggio di Meloni e Putin: quindi, oggi...

Quindi, oggi...: la narrazione sui fatti di Budapest, l'allarme sui Bitcoin e Donald Tusk

 Rexhino "Gino" Abazaj
Rexhino "Gino" Abazaj
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- Rexino Abazaj, per tutti Gino, ovvero il collega di Ilaria Salis arrestato in Francia in applicazione di un mandato europeo emesso dai giudici ungheresi. Ha rifiutato l’estrazione e ora si trova nel carcere di Frenes, in attesa della prossima udienza. Oggi ho visto un video realizzato da vdnews e rilanciato dall’europarlamentare di Avs, che mi ha lasciato di stucco per un passaggio in particolare. Racconta questa vicenda spiegando che Gino “è accusato di aver preso parte agli scontri tra antifascisti e neofascisti durante le manifestazioni del giorno dell’onore del 2023”. Come, scusa? “Scontri tra antifascisti e neofascisti”? Messa così, sembra quasi una rissa da bar. In realtà Gino, Ilaria Salis, Gabriele Marchesi (per cui i giudici italiani hanno respinto la richiesta di estradizione) e Maja T (estradato dalla Germania) sono accusati non di aver partecipato ad una scazzottata dopo una bevuta in birreria, ma di una vera e propria aggressione ad danni di alcuni militanti neonazista. Ora, da garantisti duri e puri, riteniamo Gino, Ilaria e tutti gli altri innocenti fino a prova contraria. Ed è vero che 15 mesi di detenzione preventiva sono esagerati, come lo sono stati i mesi di domiciliari per Giovanni Toti. Ma da qui a trasformare i raid in Ungheria per semplici “scontri” o “azioni antifasciste” è un po’ esagerato. Non sappiamo se in questo video ci fossero Gino, Ilaria e gli altri accusati: diamo per scontato di no, almeno fino a prova contraria. Poco importa. Il punto è che dovremmo tutti essere d’accordo sul fatto che questa spedizione punitiva, in cinque tanti contro uno preso alle spalle e massacrato a terra, non è mai giustificabile. Neppure se la vittima è un brutto e cattivo neonazista. Neppure se gli autori sono dei santi immacolati “militanti antifascisti internazionali”. Dare la caccia i neonazi, per quanto ci possano risultare indigesti, come faceva la famigerata “banda del martello”, è deprecabile anche se le violenze vengono praticate sotto la gloriosa bandiera antifà. Giusto?

- La Consob lancia l’allarme sui Bitcoin: “Sono altamente speculativi, sotto non c’è niente”. Per carità: ognuno investe dove vuole. Ma fa bene l’autority a mettere le mani avanti e a dire che “semmai succedesse qualcosa” nessuno deve permettersi di rivolgersi “alle autorità chiedendo di essere rimborsato”. I razzi contro l’Unifil in Libano sono ovviamente inaccettabili. Ma non imprevedibili. Nel senso che se sei un soldato nel mezzo di una guerra tra due fazioni, il minimo che puoi attenderti è che a forza di sparacchiare razzi prima o poi uno ti caschi in testa. Delle due, l’una: o l’Onu decide di rendere quella forza interposizione veramente tale, cioè permetterle di esplodere almeno un colpo; oppure tanto vale riportarli tutti a casa.

- Il premier polacco, Donald Tusk, ci fa sapere che “la guerra a est sta entrando nella sua fase decisiva. Lo sappiamo tutti. Sentiamo che si sta avvicinando l'incognito. Nessuno di noi conosce la fine di questo conflitto, ma sappiamo che attualmente sta assumendo dimensioni molto drammatiche”. Ecco. Visto che non ne conosciamo i possibili sviluppi, non sarebbe il caso di smetterla di giocare col fuoco e di provare a sedersi al tavolo dei negoziati? Non bisogna costringere l’Ucraina e Zelensky, sia chiaro: sono padroni del loro destino. Ma magari qualcuno dovrà pur far notare che, nella storia, sono pochini i conflitti che si sono conclusi senza che i confini non venissero ridisegnati sulla carta.

- Comprensibile, sia chiaro, l’attendismo con cui Giorgia Meloni e Antonio Tajani trattano la questione del mandato di arresto per Netanyahu.

Intanto perché nessuno al momento conosce in profondità le motivazioni della accuse di “crimini di guerra” che potrebbero essere anche clamorosamente campate in aria, visto che tutti possono sbagliare e anche i giudici. Però da un alleato di Israele forse ci si sarebbe attesi un qualche sforzo in più.

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