Un'intervista per conoscere un po' più da vicino la professione dell'Handicapper. Con noi è Paolo Cresci, uno dei tre professionisti che svolgono questa particolare attività, funzione fondamentale per lo svolgimento delle corse dei cavalli.
Le chiederei innanzitutto di spiegare cosa fa l’handicapper. Una domanda che le sembrerà banale ma è obbligata perché il nostro quotidiano ha una variegata platea e quindi molti forse non conosceranno la sua professione ed altrettanti saranno desiderosi di capirla...
"Nelle corse dei cavalli ci sono le corse ad handicap, l'handicapper è colui che costruisce le corse assegnando i pesi ai cavalli. Il 'peso' tecnicamente è la somma dei pesi del fantino e la sella. Quando entrambi non raggiungono il peso stabilito, sotto la sella sono aggiunti dei piombi a pareggio. Il peso portato in corsa, in linea puramente teorica, dovrebbe consentire a tutti i partecipanti di avere le stesse probabilità di vittoria".
Sembra una cosa molto impegnativa, perché si sceglie di diventare handicapper e come ci si riesce? Quali sono le competenze e quale è il percorso per arrivare a svolgere questo servizio?
"Si diventa handicapper innanzitutto per passione. Sono andato alle corse dei cavalli da prima che nascessi (sorride, ndr), mia madre mi ci ha portato in grembo. Poi la passione per questo mondo e la mia organizzazione mentale hanno fatto il resto e nel lontano 1989 feci la domanda al Jockey Club e fui scelto. Ormai sono 34 anni che svolgo questa funzione, passando per l’Unire, l’Assi ed adesso il Ministero dell’agricoltura".
Non siete molti...
"In passato eravamo sette, poi per raggiunti limiti di età e perché i costi erano troppo alti siamo rimasti in due, adesso siamo tre e di questi, io e un altro collega siamo al limite di età. Il Ministero ha promosso un avviso di ricerca per rinforzare l’organico, staremo a vedere, noi rimaniamo a disposizione".
Com'è cambiato il suo lavoro negli anni?
"All’inizio di carriera la designazione permetteva di lavorare di una determinata zona e questo faceva sì che le valutazioni non fossero sempre unitarie; infatti, ancorché si usasse la massima professionalità si facevano scelte diverse per favorire la miglior riuscita possibile della competizione. Con la centralizzazione, voluta dal Ministero, il metro di giudizio si è uniformato ed un cavallo che vale 100, vale 100 in tutta la penisola; ma se questo è oggettivamente corretto c’è da dire che alcuni cavalli ottengono miglior risultati in certe piste anziché in altre e prima l'handicapper poteva tenerne di conto e quindi aggiungere il chilo, chilo e mezzo per uniformare le prestazioni, con i nuovi parametri tutto ciò è impossibile. A conti fatti, l'uniformità di vedute migliora il sistema".
Sempre pensando al passato gli handicapper, come la maggior parte degli altri protagonisti di questo bellissimo sport, dipendevano dal Jockey Club che, come ente tecnico dettava le linee per tutti gli aspetti. Adesso invece tutto è sotto il Ministero dell’Agricoltura, forse meno competente, anche qui quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo cambiamento?
"Il Ministero è immerso in 100mila problematiche e francamente ci sarebbe bisogno di ricostruire un ente, un’agenzia, la chiami come vuole, insomma qualcosa che affronti la materia in maniera organica ed unica. Il nostro mondo è molto particolare ed oserei definirlo veramente specifico e solo chi lo conosce a fondo, lo ama e lo rispetta, può far bene. All’interno del Ministero sicuramente persone preparate ci saranno, basterebbe indirizzarle in maniera corretta e talvolta ascoltarle".
Entrando in un aspetto più tecnico, come funziona lo scambio di informazioni e quindi la valutazione dei cavalli in campo internazionale?
"Gli handicapper si scambiano informazioni attraverso un sito riservato e poi con i vecchi sistemi ovvero il telefono, la mail ecc. I rapporti internazionali li tiene il mio collega che fa questa professione ormai da 40 anni, per chi parla, come ho già detto sono solamente 34…".
Sorriso di entrambi.
Sempre a livello internazionale stiamo vedendo da parecchi anni che il Comitato Pattern sta declassando continuamente i premi italiani più importanti, anche qui come vengono decisi i livelli dei Gran Premi?
"Il livello della corsa è dato dal rating medio calcolato sugli ultimi tre anni sui primi quattro classificati nella gara che prendiamo in esame. Se vogliamo rimanere nel circuito internazionale dobbiamo adeguarci a questi parametri, sembra una stupidaggine ma in realtà solo così abbiamo un metro di paragone con le altre realtà. Le faccio un esempio per chiarire: il derby inglese è superiore al derby francese, al derby tedesco, al derby italiano e così via perché i cavalli che lo corrono hanno rating maggiore rispetto ai protagonisti degli altri pari eventi".
Mi perdoni, la parola Rating ormai è usata un po’ dappertutto, e se in economia e nel sistema bancario ormai è di uso quotidiano, nel galoppo che valenza possiede?
"Il “Rating” è un punteggio, infatti, la traduzione della parola inglese è “punteggio, valutazione”. In Francia “valeur”. Grazie a quel valore si costruiscono i pesi. Infatti, al rating basta associare un coefficiente in relazione all'entità del premio; quindi, il lavoro grosso è stabilire il rating e successivamente costruire i pesi, insomma il vero lavoro è valutare correttamente il cavallo… il rating preciso è espresso in libbre".
Ok provo a formulare un'ulteriore domanda, se è una valutazione questa sarà composta da parametri, che potrebbero essere ad esempio la genealogia, le vittorie, i tempi espressi in corsa, l’attitudine alla distanza ecc. ecc.?
"Esatto che ne ha più ne metta, il numero finale riassume tutti quei valori e certificano la qualità del cavallo, più il valore è alto e più il cavallo può ambire a corse importanti."
Un’altra curiosità, i fantini dopo la corsa vanno in sala peso per certificare che il peso dichiarato nella lista dei partenti sia effettivamente lo stesso al momento della gara. Esiste una tolleranza in merito? E se sì, a quanto ammonta?
"Sì, i fantini hanno l’obbligo di confermare il peso dichiarato sul programma di corse ed infatti dopo la corsa “fanno il peso”. Per quanto riguarda la tolleranza ne confermo l’esistenza ma non so a quanto ammonti. La domanda la potrà rivolgere ad un funzionario o un commissario quando ne intervisterà uno. Credo che si parli di etti ma prenda la mia affermazione con il beneficio dell’inventario."
Mi permetta un altro paio di domande, visto che è così disponibile… Un chilo equivale ad una lunghezza?
"Sì e no, dipende dalla distanza, dal terreno ed anche da altri fattori, questo per dire che le corse vanno viste e, soprattutto, vanno sapute vedere."
Arriviamo all’ultima domanda, il quesito che ho proposto anche agli altri operatori ippici che ho intervistato. Quali sarebbero, secondo lei, le modifiche da fare subito per provare il rilancio dell’ippica italiana?
"Le problematiche sono tante, oserei dire “troppe” però prima di tutto una riforma delle scommesse sarebbe proprio doverosa. Il Ministero dell'Agricoltura dovrebbe colloquiare col Ministero dell’Economia trovando un equilibrio, nuove formule per consentire al settore l’autofinanziamento. Poi ci sono piccole cose ma che darebbero grande vivacità al sistema come, ad esempio, un organico assetto al calendario, anche qui le faccio un esempio: ci sono momenti che il sabato e la domenica c'è una sola piazza attiva e poi magari il venerdì ce ne sono tre. Un’operazione a costo zero che consentirebbe maggior visibilità senza appesantire, magari qualche sponsor come si vede in tutti gli altri sport… mi fermo qua perché il discorso ci porterebbe lontano.
Spero di essere stato chiaro, voglio talmente tanto bene a questo mondo che spero si possa risollevare al più presto, posso solo aggiungere Viva l’ippica!".Ringraziamo Paolo Cresci per la sua disponibilità, sperando di aver fatto un altro piccolo passo verso il rilancio di questo splendido, affascinante settore. Anche noi ci uniamo e diciamo... viva l’ippica.
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