Thomas Ceccon, il re del dorso fa il prodigio

Primo a vincere nella specialità. Ai Giochi 2 ori mancavano dal 2000. Pilato 4ª per un 1/100

Thomas Ceccon, il re del dorso fa il prodigio
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Il condannato a vincere ha vinto.
E ha fatto en plein: dopo l’oro europeo nei 100 dorso, quello mondiale con primato, ecco il sigillo olimpico che stringe il cuore e scolpisce la storia: era da Sydney 2000 che non conquistavamo due ori nel nuoto.
Primo in 52 netti, davanti al cinese Xu di 0.32 e all’americano Murphy di 0.39. Primo azzurro a vincere nei dorso.
Quanta pressione. «Ti logora, ti distrugge mentalmente, diventa ossessione» dirà. Thomas Ceccon qui a Parigi, come Gregorio il suo capitano a Rio otto anni fa, si è presentato indossando i panni del condannato a vincere. La qual cosa non è bella per nulla. Soprattutto alla vigilia, all’antivigilia e più o meno in tutte le settimane e i mesi che precedono la gara olimpica. Si vive malissimo.
Paltrinieri, animo introverso come quello di Ceccon ma diverso nei modi di nasconderlo, una volta portato a casa quell’oro prezioso nei 1500 stile, aveva confidato che per mesi, prima della gara olimpica, aveva patito che tutti dessero per scontata la sua vittoria ai Giochi. «A tal punto che mi immaginavo i commenti della gente al mio ritorno a casa dopo averlo mancato, “ah eccolo il fesso che ha perso...“. Ma non lo mancò.
Nessun fesso allora e nessun fesso ieri sera. Primo perché l’oro di Martinenghi ha trascinato Thomas e sarà stato anche per questo che il veneto l’altra sera ha aspettato fino a tarda sera il varesino al villaggio per giocare a briscola; e perché Greg otto anni fa, aveva un occasione sola da sfruttare, i 1500, e guai a sbagliare. Thomas invece è un tuttologo del nuoto e ha affrontato la sua gara sapendo che, alla peggio, avrebbe fatto come il suo idolo: Michael Phelps. «Perché è il simbolo del nuoto, gareggiava sempre, mi piacciono gli atleti versatili, non gli specialisti; e io posso fare 14-15 turni ai Giochi proprio come lui». Detto fatto: «So già che quando mi sveglierò, farò finta di non aver vinto l’oro, sennò mi distraggo per le prossime gare». In fondo, se il talento sorregge, è un modo furbo per ammortizzare il peso dell’acqua addosso. Bisogna avere però un fisico bestiale, che nel nuoto, e qui altra incredibile analogia con capitan Paltrinieri, vuol dire essere alti, possenti di muscoli ma leggeri di ossa e nuotata, con incredibili doti di galleggiamento. E Thomas le ha. Galleggia meno nelle frasi e dichiarazioni, il suo post dello scorso anno, con scritto «boia chi molla» per descrivere un faticoso allenamento senza conoscere il significato della frase, l’aveva crocifisso nella sala mensa del politically correct salvo poi liberarlo dalla scomoda posizione dopo aver ammesso l’ignoranza sul tema. L’altro giorno, tanto per rendere l’idea, con un bronzo già al collo, Thomas ha detto «per favore, fermatemi voi prima che dica cose strane...». Meraviglioso e vincente ragazzo.
E meravigliosa ovviamente è stata lei, Benedetta Pilato, 19 anni, meravigliosa e radiosa per quel che ha emanato in questi giorni, entusiasta di essere qui, entusiasta della scelta fatta di lasciare la Puglia per traslocare a Torino e allenarsi con Miressi e il suo staff, entusiasta per i mesi trascorsi dopo il diploma di liceo scientifico che le hanno regalato il doppio del tempo per allenarsi visto che prima doveva frequentare la scuola. E qui si marca la differenza fra il nostro modo di coltivare campioni e quello di tutti gli altri grandi Paesi che li prendono per mano anche nello studio.

Partiamo già svantaggiati. Per cui ogni medaglia dei nostri ragazzi vale doppio. L’oro di Thomas. Ma anche il legno nella rana per un solo centesimo della dolce Benny. Che ha un sogno: «Thomas a Tokyo fece quarto come me qui...».

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