Va bene la solita e rassicurante comicità al grado zero di Natale in Sudafrica tra seni di Belén in bella vista e sederi d’ippopotami stimolati da lassativi dall’evocativo nome di «Cacaben Plus». Va bene il trio di Aldo, Giovanni & Giacomo che con La banda dei Babbi Natale riesce a essere un po’ irriverente (anche se al massimo viene strapazzato un gatto visibilmente finto tirandosi addosso le solite proteste degli animalisti). Va (molto meno) bene la grottesca comicità intellettuale di La bellezza del somaro che di sicuro non ha lasciato il segno sperato. Ma certo il Natale al cinema non sembra essere il periodo più adatto per una comicità che cerchi di raccontare un po’ della nostra Italia magari con un pizzico di giusta cattiveria, la stessa che ha dato lustro e significato alla storica commedia all’italiana. Un po’ come è accaduto per il vero fenomeno di quest’anno, quel Benvenuti al Sud che è riuscito a fondere una comicità classica con elementi di politicamente scorretto (anche se all'acqua di rose).
Così, per vedere quelli che cercano di raccontare il nostro Paese con una risata ma anche con un pizzico di cinismo realistico, bisognerà aspettare l'Epifania che tutte le feste porta via. È il caso di Checco Zalone che con Che bella giornata, in uscita in 600 copie il 5 gennaio distribuito da Medusa («A cinepanettone mangiato, saremo un cinedigestivo», scherza il comico pugliese), si candida a ripetere e a superare il grande successo di appena un anno fa con 15 milioni di euro al botteghino di Cado dalle nubi sempre diretto da Gennaro Nunziante. E questa volta Zalone, al secolo Luca Medici, ridendo e scherzando arriva a prendere in giro l’integrazione religiosa e il mondo islamico, un argomento tabù. Perché vestendo i panni di una guardia giurata («Tu sei fatto per fare sicurezza», gli dice sempre un collega) s’innamora di una bellissima ragazza araba (Nabina Akkari) che vuole far saltare in aria il Duomo di Milano. Naturalmente tutto finirà bene perché, dice il protagonista, «il terrone vince sul terrore». Quasi inutile aggiungere che le apparizioni di Zalone bodyguard all'ombra della Madunina generano gag veramente irresistibili come quando blocca un gruppo multireligioso in visita dal vescovo apostrofando così i monaci tibetani: «Non posso farvi entrare, le braccia scoperte, le zoccolette ai piedi… Aho e che siamo alla spiaggia qui?». Per poi rivolgersi sconfortato verso un esponente delle chiese orientali con un vistoso copricapo con il velo: «Eh, guarda quest'altro...». Poi certo anche gli arabi, come gli dice Rocco Papaleo mentre succhia la testa di un pesce, «so' strani» e Checco su questo ha le idee ben chiare: «Solo una cosa dico al musulmanesimo (sic), come trattate la donna». Salvo poi in terra pugliese urlare da una tavolata tutta al maschile alla propria mamma l'imperativo: «Cinque caffè, veloce».
Insomma benvenuti ancora una volta Sud dove il nostro cinema sembra aver trovato la chiave di volta per prendere in giro l'Italia tutta. Che è poi anche il tentativo ambizioso e geniale di un altro fuoriclasse della comicità come Antonio Albanese con il suo personaggio di Cetto La Qualunque, il politico calabrese profondamente ignorante e sessualmente depravato, e il suo personalissimo Partito du Pilu fautore «dell'attivismo orizzontale e verticale». Così in Qualunquemente diretto da Giulia Manfredonia (dal 21 gennaio al cinema) con la topica scena del comizio c’è tutta la sua (e nostra?) politica: «Mi è stato chiesto se vengo eletto cosa voglio fare per i poveri bisognosi: “Na beata minchia“». E poi: «Con le parole io avrei finito, ora facciamo ballare i fatti». Ossia un gruppo di belle fanciulle danzanti perché è questa «la politica che scende fra la gente». E se nella realtà si parla di ritorno alle urne ecco Cetto La Qualunque entrare a gambe tese sull'argomento: «Le elezioni sono come un pilu, non finiscono mai». Uno dei suoi slogan vincenti? Sicuramente «prima voti e poi rifletti» che fa il paio col definitivo «zitto e vota!». E poi ci vogliono «meno regole e più eccezioni». Anzi «per ogni bambino che nasce ci vuole un pilastro di cemento armato». E il comizio va avanti per tutto il film.
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