È un bel libro questo Addio Anatolia di Didò Sotirìu, e va reso merito alleditore Crocetti per averlo pubblicato. Vi si racconta, in forma appena romanzata, la maggiore tragedia della Grecia moderna: la cacciata della fiorente comunità greca dalle terre dAsia Minore dove per secoli era vissuta in pace, sotto il dominio autocratico ma lassista dellimpero ottomano. Didò Sotirìu - che è morta nel 2004 e che dichiarò davere attinto le storie di Addio Anatolia dagli appunti dun vecchio contadino profugo - fu essa stessa coinvolta, adolescente, nel tragico esodo. La vicenda personale della scrittrice sintreccia così a quella del protagonista, Manolis Axiotis.
Poco si sa in Italia, e poco si parla, della spietata espulsione dei greci dalla nascente Turchia di Kemal Atatürk, nel 1922. Così come poco si sa e si parla della cacciata, o della spietata caccia, cui furono assoggettati dallArmata rossa, allepilogo della Seconda guerra mondiale, i tedeschi delle terre orientali, annesse alla Polonia o allUnione Sovietica. Il personaggio narrante del libro era figlio di facoltosi agricoltori. Allinizio del secolo scorso i rapporti tra greci e turchi erano, in Asia Minore, eccellenti. I turchi avevano il potere politico e burocratico, luno e laltro esercitato mollemente, i greci avevano il potere economico e la supremazia culturale. Questo equilibrio, che era durato a lungo, fu spezzato dalla Grande guerra (1914-1918): perché la Turchia si associò ai tedeschi, la Grecia oscillò: re Costantino voleva lalleanza con il Kaiser, Eleuterio Venizelos voleva lalleanza con lIntesa. Venizelos prevalse e il re abdicò.
Ma i riflessi di quegli avvenimenti furono causa, in Asia Minore, di grande turbamento. Vennero rinfocolate le pulsioni nazionaliste sia dei greci sia dei Giovani turchi. La gioventù greca era affascinata dalla «grande idea» di Venizelos, apostolo di un ellenismo che si espandesse, anche territorialmente, dovunque fosse presente, anzitutto in Asia Minore. I Giovani turchi volevano togliere di mezzo un governo corrotto e ignavo, il «malato dEuropa». Il trattato di Sevrès del 1920 aveva riconosciuto alla Grecia il possesso della Tracia orientale e lamministrazione di Smirne. Subito dopo Venizelos, sconfitto alle elezioni, perse il potere, e re Costantino lo riconquistò: anche lui abbacinato dalla «grande idea». Nel 1921 le forze greche mossero contro la Turchia risorgente di Kemal Atatürk e dopo iniziali progressi vennero sgominate. Nella sua avanzata lesercito greco aveva compiuto atrocità, nella controffensiva la soldataglia di Kemal pascià fu di una ferocia senza limiti. Smirne fu incendiata e migliaia di innocenti trucidati. I sopravvissuti cercarono scampo nella fuga. Con larmistizio firmato (ottobre 1922) da Grecia e Turchia si convenne che avvenisse uno scambio di popolazioni. In Turchia i turchi di Tracia, in Grecia i greci dAsia Minore. Un Paese, la Grecia, che contava poco più di cinque milioni dabitanti dovette accogliere un milione di profughi. Come se gli istriani costretti a venire in Italia fossero stati non trecentomila ma dieci milioni. Per anni, per decenni, la Grecia ebbe baraccopoli. I nuovi venuti, che erano stati ricchi e serano ridotti in povertà, non ebbero sempre accoglienza fraterna. Vi furono nei loro riguardi ostilità e durezze.
Questo viene riassunto, con gli occhi di un testimone, in Addio Anatolia. LAsia Minore rimane nelle conversazioni di molti greci come il rimpianto di unetà delloro, interrotta da una catastrofe cosmica. La piaga sociale si sta definitivamente rimarginando solo adesso. Quanto alla ferita che subì, con quella spaventosa disfatta e con i suoi aspetti umilianti il prestigio dellesercito greco, Mussolini ha provveduto a guarirla.
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