Anche il Campiello resiste al "pericolo fascismo"

Sulla vittoria al premio Campiello di Benedetta Tobagi con il libro La Resistenza delle donne (Einaudi) si è già detto molto

Anche il Campiello resiste al "pericolo fascismo"
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Sulla vittoria al premio Campiello di Benedetta Tobagi con il libro La Resistenza delle donne (Einaudi) si è già detto molto. Ci permettiamo di aggiungere qualcosa. La prima reazione di una parte della critica e del pubblico, semplificando, è stata: un libro di una donna, sulle donne, di un'autrice fieramente di sinistra, pubblicato da Einaudi, che parla di Resistenza e lotta al nazifascismo... Come si fa a non vincere? E dopo la vittoria, come fai a non dichiarare, da una posizione di potere, organica all'establishment editoriale-televisivo-festivaliero italiano, che bisogna resistere al potere della destra? Quelli che quando hanno paura dei fascisti di solito vanno a farsi un weekend a Venezia.

Nota a margine. Al secondo posto è arrivato il libro di Silvia Ballestra La Sibilla (Laterza), che è la vita di Joyce Lussu, partigiana, scrittrice, medaglia d'argento al Valor militare, capitano nelle brigate Giustizia e Libertà, sorella dello storico e antifascista Max Salvadori e moglie in seconde nozze del politico e scrittore Emilio Lussu. La Resistenza e l'antifascismo ormai anche come genere letterario. Che va per la maggiore.

Domanda. Perché il Campiello ha premiato non un'opera di narrativa, ma di non fiction? Certo, perché anche la non fiction è una moda. Altra ipotesi. La giura tecnica del Campiello, presieduta da Walter Veltroni, dove spiccano tra gli altri Chiara Fenoglio e Roberto Vecchioni, manda nella cinquina finalista il libro della Tobagi pur non appartenendo al genere narrativo. Assieme alla Tobagi ci sono una esordiente (sempre con Einaudi) e tre autori bravi ma tutti pubblicati da case editrici di seconda linea (Perrone e nottetempo) o come Laterza non identificate con la narrativa. Poi interviene la giuria popolare, composta da trecento «lettori», non di per sé addetti ai lavori, che quando si trovano davanti i cinque libri votano quello della Tobagi, il nome più noto ed emozionale, essendo la figlia di Walter Tobagi, non accorgendosi nemmeno che non si tratta di narrativa. E così si finisce per soggiogare la letteratura alla politica. Quando si tornerà alla letteratura e, quindi, alla critica (con una giuria di critici)?

Poi, c'è tutto il resto. I libri dei figli dei caduti, da Mario Calabresi a Walter Tobagi, abbattuti da frange impazzite dell'estrema sinistra. Tema difficilissimo. «Vittime delle vittime» come diceva Enzo Bettiza. Viene in mente Leo Longanesi: «Ci sono anche dolori di lusso, che recano lustro a chi li sopporta».

Aggiungiamo una coda. Uno fra i romanzi più belli dell'anno (se vi fidate) è Il Duca di Matteo Melchiorre, Einaudi, secondo qualche vecchio critico un libro tra Piovene e Landolfi.

È nella cinquina del premio Emilio Lussu (perché in Italia tutto torna, come in una grande famiglia), ed è il favorito: sarò votato a ottobre, a Cagliari. L'Einaudi l'aveva in casa. Perché al Campiello scommettere (domanda retorica) sulla Tobagi?

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