Anche i farmacisti rifiutano la cura Prodi

Gian Maria De Francesco

da Roma

Il governo incassa due stop da farmacisti e tassisti in materia di liberalizzazioni. Le due categorie, che si sentono minacciate dalle previsioni del decreto Bersani, minacciano nuovamente scioperi dopo gli incontri di ieri con l’esecutivo. L’ampliamento dei margini di trattativa è stato rinviato a nuovi vertici con i rappresentanti dei settori.
La prima battuta d’arresto per Prodi & C. è arrivata dai farmacisti. Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio, il sottosegreatrio Enrico Letta e il ministro della Salute Livia Turco hanno incontrato l’associazione di categoria Federfarma. La materia di confronto è stata rappresentata dalla norma che consente la vendita dei farmaci da banco (in vendita senza prescrizione, ndr) anche nei supermercati. Una possibilità che, secondo Federfarma, potrebbe nuocere alle piccole farmacie nei centri minori. Prodi ha tenuto duro, almeno ufficialmente, e ha ribadito che «gli obiettivi di fondo del decreto (in teoria l’abbassamento dei prezzi dei medicinali) non sono negoziabili». Ma in nome della concertazione aprirà un tavolo presso il ministero della Salute.
Federfarma, da parte sua, ha ottenuto solo l’avvio di un negoziato senza aver raggiunto «nessun accordo». Confermata quindi la chiusura di tutte le farmacie italiane il prossimo 19 luglio (salvo quelle di turno). «Noi - spiega al Giornale il segretario nazionale di Federfarma Franco Caprino - abbiamo fatto una serie di proposte tali da non smontare l’impostazione del decreto e che, se accolte, consentirebbero di revocare lo sciopero». In particolare, l’associazione vorrebbe discutere insieme con il ministero della Salute e con l’Agenzia del Farmaco la catalogazione dei farmaci in modo da favorirne la riduzione dei prezzi. E per quanto riguarda la liberalizzazione della vendita Federfarma punta a escludere dall’elenco alcuni medicinali come gli antinfiammatori in modo da conservare alle farmacie alcune prerogative di consulenza.
In fase più avanzata è, invece, la trattativa con i tassisti per sbloccare l’impasse riguardante la liberalizzazione del servizio con la possibilità per i Comuni di aumentare le licenze. La retromarcia di Bersani, più volte dichiaratosi disponibile alla ricerca di alternative, ha rasserenato gli animi, ma non ha del tutto scongiurato la possibilità di nuovi scioperi.
Ieri al tavolo istituito presso il ministero dello Sviluppo economico i sindacati dei tassisti hanno formulato nuove proposte. «Abbiamo dato al governo più di quanto la nostra categoria sarebbe in grado di dare», ha dichiarato al Giornale il segretario dell’Unione radiotaxi italiani, Loreno Bittarelli. «Abbiamo presentato - ha aggiunto - un documento che prevede il potenziamento del servizio con una serie di misure che riguardano i Comuni e che vanno dal prolungamento dell’orario minimo di lavoro alla possibilità per i titolari di licenze di assumere giovani per gli orari aggiuntivi oltre alla possibilità di fornire servizi integrativi in caso di eventi particolari».
I tassisti, inoltre, hanno garantito disponibilità a istituire organismi di governo formati da enti locali, sindacati e rappresentanti dell’utenza per deliberare di volta in volta sulla necessità di ampliare l’offerta. Ma non è stato superato lo scoglio del procedimento di asta, previsto dal decreto per l’assegnazione delle nuove licenze.

«Noi riteniamo che i bandi di concorso pubblici siano fondamentali altrimenti solo chi ha le disponibilità finanziarie potrebbe comperare le nuove licenze», ha concluso Bittarelli. Domani nuovo round, ma senza accordo prima della conversione del decreto si rischia ancora il caos.

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