Ancora un martire: ucciso padre Fausto

Ancora un martire: ucciso padre Fausto

Un altro missionario italiano, padre Fausto Tentorio, è stato ucciso nelle Filippine. La vittima difendeva da 32 anni le tribù indigene dai latifondisti e dallo sfruttamento delle compagnie minerarie. L’ennesimo sacrificio di un missionario, che per definizione sta dalla parte degli ultimi, è solo la punta di un iceberg delle persecuzioni dei cristiani nel mondo, piccole e grandi. L’opera Pontificia, aiuto alla Chiesa che soffre, denuncia ogni anno, in un dettagliato rapporto, violenze e soprusi non solo da parte degli estremisti islamici, ma pure per mano dei regimi comunisti o di autorità legate ad altre fedi come l’induismo.
Padre Tentorio avrebbe compiuto 60 anni a gennaio. Ieri, come ogni lunedì, stava recandosi all’incontro dei sacerdoti della diocesi a casa del vescovo. La sua terra di missione è sempre stata Mindanao, l’isola delle Filippine dei separatisti islamici. Il killer lo aspettava fuori dalla parrocchia di Nostra Signora del Perpetuo soccorso ad Arakan. Con il volto nascosto da un casco integrale ha sparato tre colpi di pistola a bruciapelo colpendo a morte il missionario. Poi è fuggito su una moto guidata da un complice.
Mindanao è infestata dagli oltranzisti di Abu Sayaf, una costola locale di Al Qaida. Padre Tentorio è il terzo missionario italiano ucciso nell’area, ma non sempre per mano di terroristi della guerra santa. I separatisti islamici «moderati», del Fronte Moro, hanno condannato con forza l’agguato.
Leonardo Revoca, ex parrocchiano della vittima e consigliere comunale ad Arakan, ha sottolineato l’impegno del missionario per fermare la diffusione dell’industria mineraria. Padre Tentorio ha dedicato la sua vita alle discriminate tribù locali «tanto da vestire e parlare quasi come uno di loro» racconta un suo confratello, Giulio Mariani, del Pontificio istituto missioni estere. «I missionari sono sempre stati la voce dei poveri - sottolinea padre Mariani - Se lavori per loro ti può capitare di calpestare i piedi di quanti hanno interessi diversi».
Originario di Santa Maria Hoè, in provincia di Lecco, il missionario era già scampato a un’esecuzione nel 2003. In patria lascia una sorella e il fratello Felice, che dichiara: «Siamo sgomenti e sorpresi. L’ultima volta che Fausto è venuto in Italia, un anno e mezzo fa, ci ha detto che non c’era nulla da temere». L’ambasciatore italiano nelle Filippine, Luca Fornari, ha chiesto alle autorità di «estendere la scorta a tutti i missionari in loco».
I soprusi e le violenze nei confronti dei cristiani, che non fanno notizia, vengono denunciate sul sito dell’Aiuto alla Chiesa che soffre. L’8 ottobre una parrocchia del capoluogo dell’Andhra Pradesh nell’India centro-orientale, è stata di nuovo vandalizzata dopo che erano stati bruciati l’altare, alcune Bibbie, i libretti della Messa e i paramenti liturgici. Quattro giorni prima altri due cristiani venivano «giustiziati» per strada in Iraq, dove la persecuzione, aizzata dai resti di Al Qaida, è sanguinosa. Anche i regimi comunisti non scherzano. Il 2 settembre, in Vietnam, i genitori di 15 giovani cristiani hanno lanciato un appello per la loro liberazione. I giovani avevano manifestato contro le confische dei terreni della Chiesa e la «dipendenza» vietnamita dalla Cina. Nella vicina Corea del Nord, secondo l’Ong americana «Porte aperte» e le Nazioni Unite sono 50mila i cristiani nei campi di prigionia. Nell’ex repubblica sovietica del Kazakistan, la polizia segreta erede del Kgb, dà la caccia a chi prega per i malati. In luglio il pastore protestante Yerzhan Ushanov, ha rischiato una condanna a due anni di reclusione con l’accusa di aver attentato alla salute di un suo fedele che stava male. Il regime «interpreta» la preghiera come ipnosi per la quale è necessario chiedere speciali autorizzazioni al ministero della Sanità.
Quando ammazzano i cristiani in Egitto oppure in Nigeria il mondo s’indigna per qualche giorno e poi cala di nuovo l’oblio, soprattutto sui piccoli soprusi.

In febbraio i cristiani del Nepal, che sono mezzo milione, erano ancora costretti a cremare o seppellire i loro morti su terreni privati. L’ex monarchia induista non concedeva cimiteri, ma oggi il governo è laico, seppure dominato dagli ex guerriglieri maoisti.

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