Ankara boccia le offerte irachene per il Kurdistan

Carota e bastone è la tattica dei turchi, che ammassano truppe per spazzare via i miliziani curdi del Pkk asseragliati fra le montagne irachene. Nello stesso tempo, però, trattano con la delegazione giunta da Bagdad per trovare una via d'uscita meno bellicosa. I risultati non sembrano edificanti. I turchi hanno preparato una lista di 153 esponenti di spicco del Pkk, bollati come «terroristi», che dovrebbero venire estradati dall'Irak. Inoltre una nota del ministero degli Esteri di Ankara ha spiegato ieri sera che le proposte avanzate dagli iracheni per risolvere pacificamente la crisi sono «insufficienti».
I colloqui di ieri ad Ankara, tra i rappresentanti iracheni e turchi, sono andati avanti con risultati altalenanti. Il primo giro di incontri in mattinata, durato un'ora e mezza, si sarebbe concluso con un non meglio specificato «risultato positivo», secondo il portavoce del ministro della Difesa di Bagdad, Muhammed Askeri. Poi è arrivata la doccia fredda turca relativa «alle proposte insufficienti» da parte irachena. Il capo della diplomazia turca, Alì Babacan ed il ministro degli Interni, Besir Atalay, hanno incontrato a porte rigorosamente chiuse il responsabile della Difesa iracheno, Abdel Qader Mohammed Jassim, e il consigliere per la Sicurezza nazionale, Shirwan al-Waeli. I turchi vogliono la chiusura delle basi del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), il gruppo armato curdo annidato sulle montagne del nord dell'Irak. Inoltre intimano la consegna di 153 esponenti di spicco del movimento curdo, compresi Murat Karayilan e Cemil Bayik i due capi che Ankara accusa di terrorismo. Lo ha rivelato il vice premier turco Cecil Cimek alla televisione Cnn turca. L’ulteriore giro di colloqui nel pomeriggio di ieri si è concluso con un nulla di fatto.
Gli iracheni sarebbero disposti a consegnare 18 esponenti del Pkk, ma le altre misure proposte per tenere sotto controllo le attività del movimento armato sono insoddisfacenti per i turchi. Ankara vuole risultati concreti ed immediati, mentre gli iracheni hanno bisogno di tempo per affrontare la spinosa questione. Almeno 3000 miliziani del Pkk sono arroccati sui monti del Kurdistan iracheno, al confine con la Turchia e l’Iran, in un reticolo di basi e grotte non così facili da espugnare. Inoltre il leader dei curdi iracheni, Mustafa Barzani, ha fatto infuriare il governo turco sostenendo che nessuno verrà consegnato e che i suoi miliziani peshmerga resisteranno ad un'invasione delle truppe di Ankara. Nella delegazione giunta in Turchia da Bagdad fanno parte anche funzionari americani e soprattutto rappresentanti dei due principali partiti del Kurdistan. I diplomatici turchi hanno fatto sapere di essere indispettiti della presenza dei rappresentanti curdi ad Ankara. In realtà, però, solo i curdi iracheni possono convincere i loro «cugini» del Pkk a più miti consigli.
Nelle ultime ore lo stato maggiore turco ha inviato sull’esplosiva frontiera con l’Irak nuovi rinforzi elitrasportati. Il numero delle truppe pronte all’invasione del Kurdistan avrebbero così raggiunto le 100mila unità. Ieri gli elicotteri d’attacco Cobra ed i caccia bombardieri curdi hanno continuato a colpire obiettivi del Pkk nella zona di confine, ma in territorio iracheno.

L’impressione è che i raid siano ancora limitati e servano ad esercitare una forte pressione sulle trattative, oltre a preparare il terreno per un attacco in massa se non ci fossero sbocchi per una soluzione diplomatica.

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