Annie Lennox: «La rinascita degli Eurythmics»

da Milano

Annie Lennox, dopo cinque anni si è rivestita da Eurythmics. Difficile?
«Quando ci ritroviamo, Dave Stewart e io, siamo come due parti di un puzzle che si incastrano alla perfezione».
Alla perfezione (del marketing) arriva anche una vostra raccolta su ciddì, The ultimate collection. Almeno c’è un paio di canzoni nuove.
«Se Dave scrive una canzone, lo fa in un quarto d’ora e così è stato anche per I’ve got a life. Nove settimane fa ci siamo incontrati nei suoi studi di registrazione ed ecco fatto».
Lui di solito compone nello stesso palazzo di Los Angeles dove Raymond Chandler scrisse La finestra nel vuoto.
«D’altronde ha una mente velocissima».
Però l’immagine del gruppo è sempre stata lei. Se si pensa agli Eurythmics, viene in mente Annie Lennox.
«L’immagine è un veicolo per stabilire un rapporto con gli altri».
Per questo a Londra è appena stata inaugurata una mostra fotografica che racconta venticinque anni di Eurythmics. Scatti di Avedon, Mondino, Ashworth.
«Usiamo le fotografie in modo sperimentale. Se tu guardi uno scatto degli U2, sono gli U2 e basta. Noi invece abbiamo costruito dei personaggi e se guardi per esempio le copertine dei nostri cd puoi seguire un percorso nel tempo».
Ma che rotta seguirete?
«Oggi siamo insieme, domani chissà. Negli ultimi tempi i fans chiedono di ascoltare i nostri brani in forma acustica. Può darsi che li accontenteremo».
Lei era a Hyde Park per il Live 8.

Per molti è stata la più emozionante con Madonna.
«Quello show non è la soluzione del problema legato alla povertà in Africa. Ma, esattamente come lo fu vent’anni fa il Live Aid, serve per scatenare l’effetto domino e avvicinare la soluzione».

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