Gli anti Cav giocano sporco, torna il fantasma del golpe

Con Fini nel ruolo di capo congiura, Bersani, Letta junior e Casini puntano sempre più apertamente a un governo tecnico. Che abbia l’ok del Colle e ignori la volontà degli elettori

Il fantasma ora è qui. Si vede. Sono due anni che si aggira per l’Italia. Quando Berlusconi vinse le elezioni gli sconfitti cominciarono a sussurrare il suo nome, come una preghiera, un esorcismo, un abracadabra capace di ribaltare la tragedia politica. Lo spettro prima o poi avrebbe scacciato il Cavaliere. Eccolo. Chiamatelo come volete. Il governo delle larghe intese. Il governo del Quirinale. Il governo senza elezioni.
Tutti aspettano una mossa. L’uomo su cui gli antiberlusconiani hanno speso molte speranze si chiama Gianfranco Fini. È quello che sabato ha detto che c’è un problema di legalità. Quello che non lascia il partito. Quello che non è un eretico. Ma la sua azione di guerriglia serve a rimescolare tutte le carte. Strappa, erode, sfibra e poi deflagra. Ed è chiaro che se il Pdl esplode nulla sarà come prima. Da qui, dal grande bang, dovrebbe partire tutto. L’asse della politica si sposta e tutti quelli in fuorigioco, i martiri, gli sconfitti, i marginali, i dimenticati possono rigiocarsi la partita. Come? Senza passare dal via. Sarà l’arbitro a decidere chi vince e chi perde. Agli italiani è riservato un posto in platea, da spettatori. Muti.
In questi giorni di primo caldo non se ne parla più sottovoce. Il fantasma balla in piazza. Lo evoca Bersani. Lo chiama Casini. Lo spedisce fino al Colle il nipote di Gianni Letta. Ci spera Fini. Qualche volta ci inciampa perfino il Tremonti più incarognito. Ognuno più o meno con la stessa litania: se questa maggioranza è cotta, allora Napolitano metta su un bel governo tecnico. Tutti dentro, in ammucchiata: destra, sinistra, centro, sopra e sotto. Tutti dentro e fuori Berlusconi. Per il resto c’è posto. Finiani e casiniani, dipietristi e veltroniani, dalemiani e vendoliani, le frattaglie di Rifondazione e leghisti in ordine sparso, verdi, margherite, rutelliani in cerca d’identità e ogni specie di democristiani. È il governo della casta.
Questo è il piano. E a tutti sembra normale. Logico. Cosa si fa in democrazia quando cade un governo? Si va alle elezioni? Si chiede agli italiani, che ne pensate? Ci riproviamo? Neanche per sogno. Si fa tutto in combriccola e chi se ne frega degli elettori, del popolino e della democrazia. Il potere è cosa nostra.
Ci vuole uno come Calderoli per dare al fantasma il nome che si merita. Golpe. Il problema non è difendere Berlusconi. È non giocare sporco. Non tirare in ballo motivi eccezionali. Non dire che siccome c’è la crisi non si vota. È vero il contrario. Visto che c’è una crisi non ci dispiacerebbe dire la nostra. Ok. Qui c’è una tempesta. E allora chi lo sceglie il timoniere: Napolitano o gli italiani?
È strano questo Paese. Si sta tutti i giorni a parlare di libertà e democrazia. Ogni tanto si alza qualcuno e grida al regime. Si va in piazza per rivendicare la resistenza contro tutti i fascismi. E poi si invoca come toccasana, come governo ideale, sogno di tutti i filosofi reazionari di destra e di sinistra, questo stramaledetto governo dei tecnici, dei burocrati, dei notabili. Il governo di un Parlamento che non si riconosce più, con i due partiti maggiori che hanno cambiato volto, sfregiati dalle scissioni, dalle guerre civili, dai ripensamenti. Chi era Fini due anni fa quando è stato eletto? Un berlusconiano. Chi è Fini adesso? La speranza di tutti gli antiberlusconiani. Ma è tutto normale. Questo Parlamento che non ha più un’anima dovrebbe scegliere il nuovo premier. Bisogna fidarsi di lui, di loro, di Napolitano. Al buio. Per grazia divina e volontà dell’aristocrazia.
Eppure ci sperano. È il grande obiettivo politico degli antiberlusconiani di tutte le sponde. Ragionano così. Il Cavaliere ha fallito. Ora tocca a noi. Noi che siamo la norma, la regola, la legalità. Noi che finalmente possiamo governare senza un’anomalia che dura da quindici anni. E lo facciamo mettendoci la corona in testa, direttamente, senza passare dal basso. Non si può rischiare ancora. Il popolo ha già dimostrato che è in errore, visto che da una vita si ostina a non votarci.
È questa la cosa più triste. Questi signori, che in nome del bene pubblico blaterano di larghe intese, hanno sconfessato la democrazia. Non si fidano più. Sono diventati il partito, largo e trasversale, degli ottimati. E non capiscono che il dopo Berlusconi, quando ci sarà, non può passare da una riunioncina al Quirinale. Se questo accade il futuro nasce illegittimo. Nasce viziato.

Nasce da un golpe bianco. Nasce dall’accordo sottobanco di Bersani e Casini, Fini e Rutelli e dai soliti ignoti che si agitano dietro le quinte della politica. Nasce illegittimo. È questa la fregatura. La terza Repubblica si annuncia bastarda.

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