Anticipi a Milano e a Roma Abete: «Ostaggio degli ultrà»

Il calcio è in ostaggio agli ultrà che ne sono i veri padroni e signori: diciamo le cose come stanno e finiamola di aggrapparci a spiccioli di filosofia settaria per giustificare il marcio del nostro sport più popolare. L’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, composto da 13 membri con diritto di voto, ha anticipato a sabato sera Milan-Juventus e Lazio-Udinese per consentire «una migliore gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica» in occasione della festa scudetto che si svolgerà nel pomeriggio di domenica a Milano o Roma. È il male minore, non c’è dubbio. Ma la decisione sa di resa nei confronti di quelle frange violente che hanno manifestato, specie su alcuni blog, la volontà di cercare lo scontro con le tifoserie rivali. Vale a dire juventini contro interisti, laziali contro romanisti. Le istituzioni sportive ne hanno preso atto. Addio contemporaneità. Che poi le due partite in questione non abbiano valore ai fini della classifica costituisce un’aggravante.
Ma non si può andare avanti così, con soluzioni tampone, in una situazione di cronica emergenza. Ne è consapevole Giancarlo Abete, presidente della Federcalcio, che in questa circostanza ha parlato forte e chiaro: «Più che di una vittoria degli ultrà, parlerei di una testimonianza di prudenza. Ma la questione non si esaurisce qui. Va fatta una riflessione a 360 gradi. Questi pseudo tifosi, benché rappresentino una minoranza, hanno una incidenza significativa nel calcio e determinano una serie di situazioni che ledono l’immagine del nostro sport. Le modifiche al calendario, causate dalla preoccupazione di ciò che potrebbe accadere dentro e fuori gli stadi, vanno considerate alla stregua di vulnus, lesione di un diritto comune. È vero che la titolarità dell’ordine pubblico, al di là delle decisioni prese dall’Osservatorio, spetta ai Prefetti, e quello di Genova domenica scorsa ha chiuso lo stadio di Marassi. Ma è altrettanto vero che ci troviamo di fronte a una questione strutturale, nel senso che si verifica magari ogni 100 o 200 partite, ma sicuramente andrà a ripresentarsi».
E allora cosa si può fare? «Nel mio ruolo di presidente di una Federazione candidatasi a ospitare gli Europei del 2016, non posso alimentare le logiche di preoccupazione, al contrario devo svolgere un ruolo da pompiere, non so se mi spiego. Potrei tirare acqua al mio mulino, ma direi arrivederci e grazie a questa candidatura che può fare da volano al sistema. Ci sono tuttavia i presupposti per procedere a una svolta e limitare il potere degli ultrà che fanno il bello e cattivo tempo. Il calcio non deve essere ostaggio di nessuno. Se c’è un ritardo che investe il sistema, è la mancanza di rapporti con la tifoseria. Con i tifosi normali non hai argomenti in mancanza di stadi funzionali, gli altri li rigetti. Facciamo un passo in avanti, come sta verificandosi nell’Uefa, sia pure con molta prudenza. Ma non è semplice. Non esiste una leadership del tifo che rappresenti tutti. Esiste una pluralità di soggetti che, per quanto collegati fra loro, operano in confini territoriali». In conclusione, presidente? «I fatti di questi giorni possono rappresentare uno spartiacque a patto che nessuno si ritragga dall’impegno comune in base a logiche locali».
Dal suo osservatorio particolare, Roberto Ghiretti, titolare dell’omonimo studio di consulenza sportiva, ha lanciato una proposta: «È arrivato il momento di instituire una commissione simile a quella affidata vent’anni fa al giudice Taylor, in Inghilterra cambiò tutti i modelli. I risultati sono evidenti. Bisogna uscire dalla gestione dell’ordinario. L’Osservatorio ha messo delle pezze buonissime per evitare casini, ma sempre di pezze si tratta.

Non mi scandalizzo di una scelta che è servita per sedare un’emergenza, mi scandalizzo di uno sport che è sempre in emergenza. C’è da rivedere il sistema con un programma che cambi il rapporto della società civile con il calcio e si ponga obiettivi precisi. A cominciare da una domanda, che pubblico vogliamo?».

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