Prendi un'incrollabile fiducia nella ragione, la distribuzione dei volumi più efficace ed essenziale, gioca coi pieni e coi vuoti in un'alternanza funzionale e intellettualmente raffinatissima. Poi metti insieme tutti questi ingredienti con una buona dose di cemento armato, plastica e vetro-cemento e avrai l'immagine del razionalismo comasco, stagione architettonica (e, senza esagerazioni, culturale) che ha fatto del capoluogo lariano una città-modello per i maestri di tutto il mondo. E che oggi viene rilanciata dalla mostra «Un progetto per l'isola del razionalismo», fino al 7 febbraio negli spazi di Villa del Grumello, promossa dall'associazione Archivio Cattaneo e dalla Camera di Commercio di Como con il contributo di Provincia di Como e Regione Lombardia e curata dagli architetti Paolo Brambilla, Renato Conti e Corrado Tagliabue (info 031.2287620). La mostra propone mediante plastici, rendering, immagini fotografiche e video la proposta di recupero architettonico di un edificio simbolo del razionalismo italiano, l'ULI - Unione Lavoratori dell'Industria, progettato tra il 1938 e il 1943 da Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri e Luigi Origoni, e collocato alle spalle della Casa del Fascio di Giuseppe Terragni, in un dialogo immaginario con uno dei massimi capolavori di quel momento artistico. L'idea è quella di ricavarne spazi espositivi per l'arte e l'architettura contemporanea, oltre che luoghi di dibattito e ricerca su questi temi.
Ma l'esposizione vuole essere anche occasione per riscoprire tesori finiti nel dimenticatoio della Storia, forse perché espressione del gusto e dell'estetica di epoca fascista. Fra le due guerre Como fu uno dei laboratori più attivi del razionalismo e negli anni Trenta, mentre la città conosceva una rapida espansione, vi lavorava un gruppo di architetti che interpretò al meglio le idee internazionali di rinnovamento artistico. Le opere, soprattutto pubbliche, sono tutte di elevata qualità: oltre ai «soliti noti» (Terragni, Lingeri, Cattaneo), si ritrovano nomi come Adolfo dell'Acqua, Gabriele Giussani, Gianni Mantero, Carlo Ponci, Renato Uslenghi.
Sono tanti i capolavori davanti a cui fermarsi: un percorso cronologico dovrebbe partire dal criticatissimo Novocomum, ardita costruzione di Giuseppe Terragni che appena inaugurata, nel 1929, sembrava già candidata all'abbattimento. A essere sinceri fu Terragni, allora ventitreenne, che, furbescamente, presentò un progetto di stile classico per poi rivoluzionarlo in corso d'opera; a salvare l'edificio fu poi il milanese Piero Portaluppi.
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