Il (vero) conformista dell'anticonformismo

Dalle campagne choc ma sempre politicamente corrette alle uscite di sinistra all’ombra del capitalismo nostrano

Il (vero) conformista dell'anticonformismo
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Non è vero che si diventa conformisti perché è scomodo non esserlo. A volte è proprio l’anticonformismo la via più facile per fare certe cose. Pur bellissime.

Anticonformista nell’animo e alla lunga conformista nei fatti, poetico e polemico, spirito ribelle da giovane quando la rivolta era di moda e perbenista in là con gli anni quando le battaglie civili lo sono state ancora di più, Oliviero Toscani è stato un artista - non sappiamo dire se anche un intellettuale- che ha segnato l’immagine e l’immaginario del Paese. Con innegabile originalità e altrettanta ruffianeria (absit iniuria) ha dettato uno stile, imposto uno sguardo e aperto una strada. «Chi mi ama mi segua».

Alla fine lo ha fatto, costretto dalla contingenza del gusto, anche chi non condivideva le sue campagne fotografiche e le sue battaglie politiche.

Grande testimone del proprio tempo e geniale creativo, straordinario inventore di icone più che vero maestro della fotografia, convinto che l’etica dell’arte è quella di non averla, innamorato quasi più della provocazione che di se stesso - facendo della prima un marchio di fabbrica e del secondo un brand milionario -, Oliviero Toscani ha fotografato un pezzo di Novecento.

Ma non riuscendo mai a stare fuori dall’inquadratura.

Narcisista, generoso, non propriamente simpatico, cinico quanto gli imponeva il suo lavoro, divo e divisivo, radicale in tutto, senza freni e permaloso, è stato il fotografo italiano più conosciuto nel mondo. Ma paradossalmente la maggior parte degli italiani gli faceva schifo. Lo infastidivano i poveri, adorava il multiculturalismo e anche molto le multinazionali, non sopportava i colleghi fotografi, in particolare quelli di guerra («mistificatori col giubbotto antiproiettile»), disprezzava i social («sono campi di concentramento delle intelligenze») ma non le campagne di sensibilizzazione sociale e disdegnava i politici. Soprattutto di destra, di destra-destra o anche solo che non fossero di sinistra.

Si arrabbiava per niente e faceva arrabbiare tutti. Parlava molto ma non ascoltava altrettanto. E gli piaceva giudicare, con le immagini e con le parole. Resterà molto delle prime, poco delle seconde.

Oliviero Toscani ha avuto una splendida carriera: fin troppo scorretto quando furoreggiava la protesta di piazza, un po’ opportunista quando si è imposto il correttismo politico. Anche le sue fotografie, con passare degli anni, hanno perso la freschezza di un tempo.

E lui ultimamente i freni inibitori.

Nella fotografia prediligeva il colore. Nella vita il bianco e nero. Tranchant in tutto, di lui ci rimarranno cose bianche e cose nere. Ricorderemo le une, ci sforzeremo di dimenticare le altre.

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