Artigliere Franceschini, addestrato a telefonare

RomaC’è qualcuno che gli vuol bene veramente - non D’Alema e nemmeno Bersani, dunque - ed abbia il coraggio di farlo star zitto, o quanto meno di consigliargli maggiore attenzione quando apre bocca? Veltroni almeno contava sino a dieci - fosse arrivato a trenta sarebbe ancora al suo posto - prima di parlare, ma il suo successore libera fiato e corde vocali a briglie sciolte. Rischiando figure miserande, il più delle volte. Eppure ha fatto buoni studi, anche se dopo il ’68; e il miles gloriosus dovrebbe ricordarlo. Ma come si fa, e nel terzo millennio oltretutto, a gloriarsi «io ho fatto il soldato» rimproverando a Berlusconi di avere invece «evitato» il servizio militare? Manco fosse reduce dalla guerra del Kosovo, o avesse combattuto a Nassirya. Quando la realtà, che forse sperava nascosta, è tutt’altra. Perché Dario Franceschini il militare non lo ha fatto a Cuneo. S’è aggrappato al cosiddetto «avvicinamento», trascorrendo i 18 mesi di naia tranquillamente a casa, con mammà che cucinava e gli rifaceva il letto. Da «imboscato», come si diceva ai tempi della leva obbligatoria.
Va detto però che l’aspetto preoccupante non è questo, di come cioè abbia «sfangato» quei 18 mesi di stellette che la maggior parte dei ragazzi di quegli anni ha trascorso fra gavettoni, marce spaccaschiena e «stai punito!», in gelide caserme a Cuneo o Merano. No, il punto grave è un altro: come si fa a irridere e dar di gomito perché un premier, un avversario o chiunque altro non ha fatto il militare, quasi certamente ignorandone il motivo? Battutine di pessimo gusto, roba da anni ’50 un po’ becera e fascistoide: era il Borghese di Gianna Preda a prendersela con l’Italietta che sfoggiava come ministro della Difesa Giulio Andreotti, che non aveva fatto il militare. Scusate tanto, borghesi, candidi e segretari, volevate che facessero «abile arruolato» Andreotti, con quella schiena che il buon Dio gli ha dato?
Ma veniamo all’incauto Franceschini, che parlava ad un’assemblea dei Cocer ove si illustrava la proposta Pd di riforma della rappresentanza militare, e s’è scagliato contro quelli del Pdl, che «devono smettere di dire una stupidaggine, e cioè che il nostro campo ha avversione verso il ruolo delle Forze Armate: nel 2009 questi sono argomenti sciocchi». Ormai era partito, e non ha saputo più tenersi: «Io ho conosciuto dall’interno le Forze armate, perché quando ero consigliere comunale, e quindi facevo già politica, ho fatto il servizio militare. Ho fatto il soldato semplice nell’artiglieria contraerea, quando c’era la leva, e so come questa abbia contribuito a formare l’identità nazionale. Semmai c’è un autorevolissimo esponente del governo - ha aggiunto sorridendo - che il militare non l’ha fatto». Si riferiva a Berlusconi, lo ha confermato ai giornalisti poco dopo.
Vedi il soldato vanaglorioso di Plauto? Si fosse limitato a pavoneggiare, senza far la Preda con Berlusconi, non avrebbe sollecitato la curiosità di andare a spolverare il suo medagliere. Volete sapere come ha fatto il militare Dario Franceschini, classe 1958, nato e residente a Ferrara?
All’età di 18 anni, quando la maggior parte dei ragazzi italiani partiva per il Car, Centro addestramento reclute, lui ha chiesto il rinvio perché studente universitario. Nel 1983, a 25 anni e laureato, gli è toccato partire. Partire... si fa per dire. Perché due anni prima era stato eletto consigliere comunale nella sua città, per la Dc. Nell’83 addirittura, l’avevano fatto capogruppo. Così ha chiesto «l’avvicinamento», previsto dalla legge per gli eletti (in ogni senso). Era sì, stato assegnato al 5° reggimento Artical (artiglieria contraerea leggera) ma subito trasferito al Distretto militare di Ferrara, in Via Palestro, con funzioni di centralinista. Ancora in quegli anni, un giovane consigliere comunale di un partito «sgradito» otteneva anch’egli l’avvicinamento, ma un poco più lontano da casa. E comunque, con l’obbligo tassativo di dormire in caserma.
Il giovane Franceschini no. Essendo che lo Scudocrociato stava al governo, pur se all’opposizione a Ferrara, dormiva in branda al Distretto una sola notte a settimana: tutte le altre sere poteva far ritorno alla casa paterna a quattro passi da via Palestro. E la cena di mamma Franceschini, i suoi celebri tortellini, potete giurarci, non avevano nulla da spartire col rancio militare. Il giorno dopo, indossata la divisa, il soldato semplice si presentava al distretto per il suo turno al telefono. E le altre 16 ore te le do io le esercitazioni, le marce con cinquanta chili nello zaino, i timpani fracassati dalla mitragliera.


Capito l’artigliere che ha appreso sulla sua pelle, quanto la leva «abbia contribuito a formare l’identità nazionale»? Merita una medaglia al valor militare. Il ministro La Russa - sempre che anch’egli abbia fatto la naia e non soffra di scoliosi - provveda.

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