Gli assassini del piccolo Joy sono diventati imprendibili

RomaOgni giorno che passa si affievolisce sempre più l’ottimismo degli investigatori che da una settimana stanno dando la caccia agli assassini di Zhou Zeng e di sua figlia Joy.
Doveva essere una questione di ore la cattura dei due killer maghrebini che hanno ucciso per impossessarsi dei 16mila euro che Zhou e la moglie avevano nella borsa, carabinieri e magistrati non hanno mai nascosto la loro fiducia in una soluzione imminente del caso. Sulle teste degli autori del duplice delitto pende un decreto di fermo emesso dalla Procura di Roma. Si sa tutto di loro, impronte e dna sono nelle mani di chi indaga, ma i due sono ancora uccel di bosco. E si fa avanti il timore che siano riusciti a lasciare la periferia est della capitale, nonostante i continui rastrellamenti e controlli, per nascondersi all’estero. Almeno uno dei due potrebbe aver varcato i confini via terra per rifugiarsi in qualche paese europeo dove è forte la presenza di nordafricani o addirittura potrebbe essere riusciti a tornare in patria. Ma sono soltanto ipotesi. Fino a un paio di giorni fa, invece, gli investigatori erano convinti che entrambi gli stranieri fossero ancora in città, spalleggiati da una rete di favoreggiatori. Potrebbero essere state le fughe di notizie, è stato detto lunedì in una conferenza stampa, a danneggiare le indagini. I due maghrebini erano stati già arrestati in passato per furto. Un paio di mesi fa avevano rapinato in strada un’altra donna cinese, ma l’avevano fatta franca, lasciando anche in questo caso una serie di impronte. Non ci sono dubbi, insomma, che quella di giovedì sera sia stata una rapina finita in tragedia a causa della reazione dei due orientali. In questo caso potrebbe esserci stata una soffiata sull’entità della cifra trasportata dalla coppia, frutto della loro attività di money transfer.
Ieri per ricordare Zhou e la piccola Joy, e per stringersi all’unica superstite, Liyan, che è ancora sotto sedativi in ospedale, a Roma è stata organizzata una fiaccolata alla quale hanno preso parte moltissimi immigrati, anche del Bangladesh e del Marocco.

Alla fiaccolata si è unito il corteo organizzato dalla comunità cinese, migliaia di persone hanno sfilato fino a Torpignattara al coro di «no alla violenza». Un’altra fiaccolata è stata organizzata nella Chinatown di Milano.

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