In tanti sono soliti ricorrere al conto corrente cointestato, ossia un normale conto bancario riferito però a due o più titolari. A fare questa scelta sono soprattutto le coppie, ma ci sono anche casi di genitori con figli. Si tratta, del resto, di una decisione motivata anche dal fatto che in questo modo si hanno meno oneri finanziari, dato che si evita di versare le tasse su due conti. Non solo. Un conto cointestato risulta più semplice da gestire in caso di decesso di uno dei titolari. Ma cosa sappiamo nello specifico?
Solitamente, una volta comunicata la morte di uno degli intestatari, la banca procede al blocco del conto. Si tratta della normale procedura, che viene messa in campo per mettere in sicurezza ciò di cui disponeva la persona scompasa. In questa fase delicata, neppure gli eredi possono effettuare dei prelievi. Il patrimonio, infatti, deve essere tutelato in vista della successione.
Come si procede quindi? Per legge bisogna prima produrre tutta la documentazione necessaria alla successione. Nel corso della procedura, dunque, l'altro intestatario si trova in una situazione complicata, perché non può disporre del proprio denaro. Non ancora. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha tuttavia ritenuto illegittimo il blocco del conto corrente cointestato a firma disgiunta. L'altro titolare del conto può adire alle vie legali, rivolgendosi alla figura dell'Arbitro bancario finanziario con il quale presentare ricorso in tribunale. Vanno tutelati gli interessi del correntista superstite. Di conseguenza, le banche non dovrebbero procedere col blocco del conto.
Se la firma dei cointestatari è congiunta, invece, la banca è autorizzata a bloccare il conto corrente. Per firma congiunta si intende una condizione in cui tutti i titolari del conto devono dare il proprio consenso per ciascuna operazione effettuata. In questo caso il titolare superstite è tenuto a seguire la medesima procedura di successione alla quale devono sottostare gli eredi.
Il correntista superstite, pertanto, può effettuare pagamenti e prelievi solo so è a firma disgiunta. La firma disgiunta, infatti, serve proprio a rendere autonomi i titolari di un conto. Va precisato però che per legge il titolare dovrebbe attenersi all'importo che non fa parte del patrimonio ereditario. La sua quota dovrebbe rientrare nel 50% del patrimonio, a patto che i cointestatari non abbiano deciso diversamente nel momento dell'apertura del conto.
Gli eredi dovrebbero vigilare sul rispetto delle quote e segnalare nel caso in cui questo non avvenga, così da chiederne il ripristino. Se il correntista superstite attinge al denaro appartenente al de cuius, infatti, può essere passibile di querela. Le accuse sono quelle di appropriazione indebita. Ci sono gli estremi per procedere con una causa civile, che può concludersi con un risarcimento, o un rimborso.
Prelevare dal conto corrente del defunto, di norma, viene interpretato come una tacita accettazione dell'eredità, e a questo si deve aggiungere l'obbligio di prendersi carico di eventuali debiti ereditari. In conclusione, alla morte di uno dei cointestatari il conto corrente deve essere chiuso, ma non definitivamente.
Rimane infatti attivo per l'altro titolare, che può attingere dalla sua parte di denaro. Il titolare superstite, nel caso, può chiedere diversamente tramite una dichiarazione espressa. Per chiedere la chiusura di un conto, tuttavia, ci vuole il consenso di tutti gli eredi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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