I figli di nessuno

Negli istituti ci sono 35mila minori soli. Ma solamente mille all'anno vengono adottati

I figli di nessuno

Nelle case famiglia ci sono 35mila ragazzini abbandonati. Ma, tra loro, solo mille all’anno sono realmente adottabili. Basterebbe questo dato per dire che nel sistema adozioni c’è qualcosa che non funziona. Che fine fanno gli altri 34mila? Crescono da soli, con gli educatori. E a 18 anni e un giorno, tanti saluti, ognuno per la sua strada, costretti a diventare adulti indipendenti quando in fondo non sono mai stati bambini. Eppure le coppie in attesa per adottare sono tante (8mila le domande in attesa di risposta). La storia del piccolo Luca, il bimbo dato in adozione a una coppia dopo essere stato in affido dalla nascita a un’altra, è l’esempio lampante di come a volte la vita funzioni al contrario e le cose si complichino (con dolore) in nome della burocrazia ignorando la soluzione più semplice.

adozioni

Anni sprecati

Come mai è così difficile far incontrare i bambini in cerca di una famiglia e i genitori adottivi? Per completare l’iter di adozione ci vogliono, in media, 4 anni, ammesso che tutto vada liscio. Se ci sono complicazioni, il percorso diventa infinito. Ad esempio, se durante l’affido, la madre d’origine fa ricorso pur non potendosi occupare (per varie ragioni) del bambino, allora passano altri mesi ed altri ancora. Visto che per ottenere l’adottabilità ci vuole troppo, i giudici stanno utilizzando spesso una formula ufficiosa: le adozioni aperte, cioè adozioni vere (e non affidi) ma in cui si mantengono i rapporti con la famiglia d’origine del bambino.

«Il vero problema del sistema - sostiene Marco Griffini, fondatore dell’associazione Amici dei Bambini che si occupa di adozioni internazionali - non è la disponibilità delle famiglie, seppure in calo. Ma la difficoltà a tirar fuori i bambini dagli istituti».

Eppure snellire l’iter delle adozioni permetterebbe anche di tagliare parte dei costi: ogni bambino in casa famiglia costa circa 3mila euro al mese, in tutto oltre un miliardo all’anno. E tanto dolore, tanta solitudine che potrebbero essere tamponati ben prima.

Le novità

La Corte costituzionale si è pronunciata con una sentenza storica sulle adozioni internazionali: sono aperte anche ai single. Prima lo erano solo in casi eccezionali (la disabilità del bambino o legami di parentela anche lontani). Dopo questa apertura, ci si aspetta che a breve i single possano adottare anche bambini italiani. «Per ora - spiega Griffini - la nostra associazione conta circa 140 single interessati a un’adozione internazionale. Con loro stiamo organizzando vari webinar: vogliamo che siano ben informati e consapevoli della loro scelta prima di cominciare il percorso». In base ai dati Istat i single sono sempre di più (36,2%) e i nuclei famigliari sempre di meno (29,2%).

Verso la nuova legge

Ora che la Corte costituzionale, come spesso accade, ha indicato la via, è ora che si muova anche la politica. E così sta accadendo: sono allo studio varie proposte di legge. Tutte mirate a velocizzare i tempi burocratici ed aprire ai single anche le adozioni nazionali.

«È importante uniformare le procedure il tutti i 29 tribunali italiani che se ne occupano - sostiene Chiara Tenerini (Forza Italia), prima firmataria di una proposta di legge che potrebbe a breve approdare in commissione parlamentare - Al momento i documenti richiesti alle famiglie sono diversi. E i tempi delle pratiche anche. Per velocizzare le adozioni internazionali, proponiamo di poter compilare domande on line (che oggi non si possono presentare) a una delle 49 associazioni che se ne occupano. E inoltre vorremmo vengano conservati i dati sanitari della madre biologica. Potrebbero servire al bambino nel corso della sua vita per scopo medico e per conoscere il pregresso sanitario della sua famiglia di origine».

I nodi

Un altro nodo da considerare è il tema della gratuità per le adozioni internazionali, come più volte richiesto dalle associazioni. Ora costano più di 20mila euro e le famiglie devono sostenere da sole i viaggi aerei e i soggiorni nel paese d’origine del bambino, soggiorni che spesso durano un paio di mesi. Poi ci sono i costi per gli avvocati, per le traduzioni. Una spesa del genere non è per tutti e rendere gratuita l’adozione, o per lo meno, alleggerire le spese, potrebbe contribuire ad aumentare il numero delle coppie disponibili. Per sostenere la via della gratuità delle adozioni, Ai.Bi. fa i conti e valuta che basterebbero poco più di 15 milioni di euro per accompagnare l’adozione di circa 700 famiglie per almeno mille minori provenienti dall’estero, che diventerebbero immediatamente figli e cittadini italiani.

Altro punto da risolvere: non esiste una banca dati dei bambini abbandonati tra tutti i 29 tribunali dei minori anche se una legge del 2000 ne richiede una. L’associazione Amici dei Bambini nel 2012 ha presentato un ricorso al Tar per chiedere al Ministero di Giustizia di istituirla. Ma al momento non è ancora cambiato nulla. Va infine affrontato il problema delle adozioni fallite: quei casi (fortunatamente solo il 3% del totale) in cui i genitori «restituiscono» il figlio adottivo alle case famiglia e rinunciano alla patria potestà.

Con un affiancamento e un supporto delle nuove famiglie che entrano in crisi, si potrebbe evitare anche il doppio abbandono che per un ragazzo adottato è un trauma immenso, spesso indigeribile. E poi forse, ciò che va cambiato veramente è la narrazione delle adozioni, oggi quasi sempre negativa. Il post adozione non è facile, ma quando mai le cose filano sempre dritte in una famiglia?

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