Trump 100

Domani cento giorni da presidente. I sondaggi bocciano le politiche del tycoon. Dalla gestione delle guerre all'economia fino all'immigrazione: il tasso di approvazione del leader della Casa Bianca è il più basso da 70 anni. Lui cerca il rilancio con "nuovi siluri". Tra cui l’assunzione dei dipendenti federali in base alla "fedeltà"

Trump 100
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Sfrontato, ostinato, a suo modo straordinario, nel senso di fuori dall'ordinario. Donald Trump si conferma un outsider della politica, pur sedendo per la seconda volta alla Casa Bianca. Un presidente eccezionale, anche in questo caso più che per le sue doti superlative perché rappresenta un'eccezione, un leader totalmente fuori dagli standard. Non lo dice solamente il terremoto che ha provocato nei mercati e nelle cancellerie di tutto il mondo con l'arroganza dei dazi imposti, minacciati, poi congelati (nel caso dell'Ue) in modo da tornare al tavolo della trattativa con la forza dell'immobiliarista, il mestiere che più di tutti gli scorre ancora nelle vene. Non lo dice solamente il terremoto che ha scatenato nella politica internazionale con la sua linea più morbida con Mosca e più ostile con Kiev, ribaltata di nuovo nelle ultime ore di confronto a San Pietro, quando i riflettori avrebbero dovuti essere solo per l'addio al Pontefice e lui li ha rubati di nuovo.

Che Trump sia un personaggio fuori da ogni schema lo dicono adesso anche tutti i sondaggi interni, quelli che misurano il polso del sostegno degli americani al presidente, alla vigilia dei suoi cento giorni al potere, domani 29 aprile. Il tasso di approvazione per un presidente non è mai stato così basso a questo punto del mandato negli ultimi 70 anni. Lo rilevano Ipsos per il Washington Post e per Abc, lo fotografa Ssrs per Cnn, lo ribadisce un'indagine del New York Times. Per tutti il livello di consenso del leader più potente del mondo oscilla fra il 39% e il 42%, un dato preoccupante se si considera che la prima fase della presidenza è in genere la luna di miele con gli elettori. È un minimo storico che non si vedeva dai tempi di Eisenhower e che supera anche l'insoddisfazione dei primi cento giorni del primo mandato Trump.

La maggioranza degli statunitensi, dopo tre mesi e mezzo di amministrazione, disapprova il suo operato (54% secondo il Nyt), dalle politiche sull'immigrazione (sgradite al 51% degli americani) a quelle sull'economia interna (rigettate dal 55%). Un'insoddisfazione che spazia dalla gestione del governo federale (respinta dal 52%) al commercio con i Paesi stranieri (con il no del 53% degli intervistati) e si estende fino alla questione dei conflitti nel mondo (disapprovata dal 54%, con un picco del 56% nel caso della guerra tra Russia e Ucraina). È una bocciatura anche delle politiche sulle quali «The Donald» ha fatto fortuna garantendosi il bis alla Casa Bianca come 47esimo presidente, trionfando nel voto popolare con 77.3 milioni di voti, il secondo dato più alto della storia americana. Un deterioramento che si è consumato man mano che Trump ha firmato i suoi ordini esecutivi (oltre 120 finora), ha fronteggiato le politiche su inclusione e diversità, minacciato i più importanti atenei americani, avviato purghe senza precedenti negli uffici federali, scatenato uno scontro durissimo con i giudici (la scorsa settimana l'arresto di Hannah Dugan per aver aiutato un migrante irregolare), mentre intanto deportava proprio i migranti accusati di terrorismo o di affiliazione a gang criminali nella più grande prigione del Salvador e di tutta l'America Latina. Non è un caso che i due aggettivi scelti dagli americani per definire questi primi cento giorni sono «caotici» (66%) e «spaventosi» (59%).

Eppure c'è un terzo attributo da non sottovalutare, la voce che descrive questi primi mesi come «esaltanti». Perché è proprio qui che Trump si giocherà il resto del mandato e il suo posto nella storia. Il presidente ha già detto chiaramente che ci vorrà del tempo perché la sua strategia porti frutti e venga capita. Come a dire che le rivoluzioni non possono essere giudicate in poche settimane. Mentre prepara un piano perché i dipendenti federali vengano assunti anche in base alla «fedeltà» alle «politiche del presidente», funzionari della Casa Bianca sostengono che, dagli accordi commerciali ai colloqui di pace, il tycoon per i prossimi 100 giorni ha in cantiere altri «siluri». È l'ennesima scommessa di un tycoon che ha ribaltato ogni pronostico, che è rinato dalle sue ceneri quando sembrava sepolto.

Solo il tempo dirà se l'insofferenza degli americani è la cartina di tornasole di un presidente anomalo, che sogna il terzo mandato, oppure è il rigetto per un leader che tratta dalla Casa Bianca come dalla sua agenzia immobiliare.

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