Undici chef per una Grande Dame

Grandi cuochi di ogni parte del mondo (tre dall’Italia) sono stati chiamati a Parigi per l’edizione 2025 di Garden Gastronomy, l’evento che celebra il legame di Veuve Clicquot con la migliore cucina stagionale e che quest’anno ha visto protagonista la magnifica annata 2018 della cuvée dedicata alla madame a cui la maison è dedicata e che, come da suoi dettami, vede protagonista il Pinot Noir

Undici chef per una Grande Dame
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Undici chef, innumerevoli stelle Michelin e una grande cuvée. Anzi, una Grande Dame Veuve Clicquot, la cui edizione 2018 è stata presentata a Parigi nel corso del Garden Gastronomy Summit, l’evento in cui ogni anno alcuni celebri cuochi da tutto il mondo sono a interpretare la profonda vocazione gastronomica di questo Champagne attraverso piatti territoriali, stagionali e profondamente naturali che ne illustrino ciascuno una delle caratteristiche.

L’evento si è svolto nell’inconsueto ma affascinate spazio della Galérie de la Minéralogie et de la Géologie all’interno del Jardin des Plantes. Dodici chef sono stati chiamati ad accompagnare la Grande Dame 2018, un’annata particolarmente felice della cuvée più prestigiosa della maison, caratterizzata da una forte impronta del Pinot Noir, che costituisce il 90 per cento dell’assemblaggio finale, in coerenza con la visione che fu di madame Clicquot (“le nostre uve nere danno i più raffinati vini bianchi”, soleva dire) a cui questo vino è dedicato, e da una solarità che ha spinto la maison a usare il giallo come colore della serata.

Dopo una degustazione del vino guidata dallo chef de cave Didier Mariotti, il primo atto è stato dell’italiano Domingo Schingaro, chef dei Due Camini di Borgo Egnazia con un piatto denominato Roots (radici) in cui la pasta del formato ruota pazza è stata abbinata allo sponsale selvatico (una specie di porro, ma guai a confonderlo, i pugliesi si arrabbierebbero) con fieno e polvere di focaccia bruciata. Il piatto dello chef salentino è stato abbinato all’ostrica con caviale e polvere di limone del giapponese Kanji Kobayashi di Villa Aida a Wakayama.

La cena è proseguita con il piatto del grande Enrico Crippa, tristellato ad Alba a Piazza Duomo, che ha proposto Dark Side of the Moon, a base di caviale, sedano e noci. Il terzo atto è stato affidato a Lucas Brocheton dell’Auberge Saint-Antoine di Quebec City in Canada (Silent Dawn con capasanta, ajoblanco, rapa gialla e agrumi) e a Michael Vrijmoed di Vrijmoed a Gand (Aurora Radiance, rombo liscio con cannolicchi e beurre blanc allo yuzu). Nel quarto atto l’ultimo chef italiano, il giovane Mattia Trabetti dello stellato Alto a Fiorano nel Modenese, che ha preparato il Rising Light, con storione, semi di zucca e mostarda di mandarino. Con lui Mory Sacko di MoSucke a Parigi (Flaming Ray con capasanta scottata alla piastra, zafferano, agrumi, patata dolce e chili. Il quinto atto è stato affidato a Mashama Bailey di The Grey a Savannah in Georgia (USA) che ha preparato Sun-Drenched (pane di mais e brodo con granchio, rapa e zabaione di curcuma) e a Luke Selby di Les Manoir aux Quat’Saisons nell’Oxfordshire in Inghilterra con Sunflower (granchio della Cornovaglia, capasanta, chili Momoya, mais dolce e lime). Finale con Dario Cadonau di Vivanda in Engadina (Spring Awakening con asparago, salmerino alpino, tramezzini, patata e spuma di polline di tarassaco) e con Jean Imbert dell’omonimo ristorante al Plaza Athénée di Parigi con il Solaire Raviole (spugnola e yuzu).

Piatti entusiasmanti, piatti sorprendenti, talvolta spiazzanti, tutti al servizio della vera protagonista della serata, la Grande Dame 2018, una cuvée di 90 per cento Pinot Noir e 10 per cento Chardonnay che è la venticinquesima edizione di questo vino dalla prima volta in cui fu prodotto, nel 1962, ciò che già chiarisce come la Grande Dame viene prodotta solo negli anni propizi, quelli in cui le uve garantiscono il raggiungimento dei livelli di eleganza ed eccellenza che le competono. Il 2018 è stato caratterizzato da un inverno piovoso e da una primavera e un’estate più soleggiate della norma, ciò che alla fine ha creato un perfetto equilibrio. La Grande Dame 2018 è tra le migliori versioni del Duemila: ha naso di agrumi esotici, di frutta matura, di fave Tonka, di pasticceria, una bocca cremosa e verticale (che con il tempo potrà certo migliorare ancora), una precisione e una classe al sorso difficilmente eguagliabili. Il dosaggio è di 6 grammi per litro, il potenziale di invecchiamento di almeno quindici anni da adesso.

Una parola va spesa per la nuova estetica del prodotto, valorizzato

da un coffret di canapa, cotone e fibre di legno certificato FSC, con carta interna riciclata e nastrino di poliestere riciclato, a dare il senso dello stile elegante ma naturale e in armonia con i tempi di Veuve Clicquot.

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