Aveva puntato tutto sulla vendita on line dei prodotti tipici italiani ma nascondeva i conti in rosso. Tra i soci danneggiati la figlia di Susanna Agnelli La grande truffa del re degli alimenti doc Arrestato Luigi Siciliani ex consigliere di Confindustria

Antonello Lupis

da Crotone

Gli uomini della Guardia di Finanza hanno bussato alla porta di casa al mattino. Luigi Siciliani, imprenditore di Crotone, buone amicizie, una carriera alle spalle in Confindustria, ha letto con calma il testo delle accuse: associazione per delinquere finalizzata alla truffa, bancarotta fraudolenta, false comunicazioni sociali e un crac finanziario di circa 40 milioni di euro. E ha capito che la sua stella è al tramonto. La polizia tributaria ha lavorato mesi per ricostruire gli strani conti delle sue aziende, dove il rosso diventava nero, le passività di bilancio che si trasformavano, in modo misterioso, in utili, soci (tra cui la nipote di Gianni Agnelli, Samaritana Rattazzi) e banche ingannati con falsi bilanci. Il tutto condito con spericolate manovre finanziarie. Questo, perlomeno, è il quadro fornito dagli inquirenti.
Siciliani non è finito in carcere, ma agli arresti domiciliari. Lo stesso destino dei suoi due commercialisti, Renato Viscoli e Giovanni Di Leo. E altre sette persone sono coinvolte in questa inchiesta denominata «Phishing Bank».
Siciliani ha avuto il suo momento di gloria nella seconda metà degli anni Novanta. Da presidente degli industriali di Crotone si mosse con grande attivismo siglando una sorta di gemellaggio con Assolombarda, per avviare diversi progetti di sviluppo nella provincia calabrese. Nel 1996 appoggiò la candidatura di Giorgio Fossa alla presidenza di Confindustria. In cambio ottenne la nomina di consigliere delegato per la politica industriale e i problemi del Mezzogiorno. In quella veste interveniva abitualmente nel dibattito pubblico sui temi più diversi: dalle banche che penalizzano le imprese ai problemi infrastrutturali e dei trasporti. Quando cade Fossa, lui torna a Crotone.
La sua specializzazione è il settore agroalimentare. Nel 2000, infatti, lancia con Samaritana Rattazzi, l’azienda on line tradizioniitaliane.com, che doveva vendere sulla rete i prodotti tipici del Sud. La sua ammiraglia dovrebbe essere la società «Giara», cui erano collegate altre società, «Tradizioni di Calabria», «Tradizioni italiana franchising e la Agroservice» con sede a Cirò Marina (Crotone) e, appunto, la «Tradizioni italiane» con sede a Roma. Era il sogno della new economy, ma qualcosa non funziona. Gli affari non decollano e soprattutto non tutti i conti quadrano.
Per gli investigatori delle Fiamme Gialle il meccanismo della truffa era ben oliato. La società Giara, utilizzando un finto conto corrente e dei bonifici fittizi, simulava i versamenti, apparentemente corretti delle quote di sottoscrizione. Lo scopo era nascondere ai soci la reale situazione patrimoniale dell’intero gruppo societario.

E per far questo venivano pubblicizzate iniziative di grande respiro e richiamo come, ad esempio, l’acquisto della Carapelli e l’emissione di prestiti obbligazionari, con potenziale quotazione in borsa. Due anni fa, il crac e un dissesto finanziario di circa 40 milioni di euro, in gran parte con le banche. Ieri, l’arrivo della Finanza e l’inizio di una nuova partita: tutta giudiziaria.

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